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Sovrainformazione: il pregiudizio e danni irreparabili

È senza dubbio il caso più eclatante della settimana. Due gli elementi scatenanti: 1) «Scrivi una lettera a tua madre confessandole ciò che non hai avuto il coraggio di dirle», il titolo di un tema assegnato in aula; 2) una ragazzina di 14 anni che coglie l’occasione e vuota il sacco. Le parole di lei raccontano degli abusi subiti, fatti che non aspettavano altro se non l’invito a poter palesarsi nella maniera più semplice: «Le cose sono più facili da scrivere che da dire».
Emergono, così, gli abusi protratti dal padre di 53 anni, agente di polizia penitenziaria e sospeso dal servizio per svariati problemi col gioco d’azzardo.
La madre viene convocata subito dal preside, ma non conferma né smentisce quanto raccontato dalla figlia. Racconta di averle raccomandato di non rimanere sola col padre, questo a seguito delle “medesime attenzioni” ricevute in precedenza dalla figlia maggiore (eventi che, a detta di lui, non si sarebbero più ripetuti).
Pur in assenza di fatti che confermassero la colpevolezza dell’uomo viene subito sporta denuncia. La Procura inizia a indagare e l’uomo viene raggiunto dal divieto di avvicinamento alla figlia abusata, a due delle quattro sorelle e alla moglie, il tutto controllato tramite braccialetto elettronico. Tutto ciò in attesa dell’incidente probatorio fissato a febbraio.
Sfortunatamente, la storia giunge subito a un ancora più triste epilogo. Il 22 gennaio il padre, vistosi comparire su tutti i media, si toglie la vita impiccandosi.
Dice l’avvocato: «Avevamo parlato dell’eventuale nomina di un consulente di parte in vista dell’imminente incidente probatorio. C’era tutta la volontà di collaborare con la magistratura e di dimostrare la sua innocenza».
Una fine forse frutto della sovraesposizione data alla notizia, ipotizza il Garante della Privacy Antonello Soro. Probabilmente, «non fornire i dettagli non avrebbe tolto nulla alla drammaticità di questa storia». Si immaginino, infatti, gli effetti di tale esposizione (riguardante, ricordiamolo, fatti non ancora confermati) anche solo a livello locale: pur non comparendo il nome, tutti possono tranquillamente risalire all’identità del soggetto preso in causa.
Cosa ha spinto il padre a commettere un gesto tanto estremo? Il senso di colpa, probabilmente. Tuttavia non possiamo esserne certi, quindi è sbagliato non considerare l’eventuale innocenza del soggetto.
Detto questo, è stata la fame di dettagli di cui siamo vittime in questi tempi di sovrainformazione a impedirci di giungere alla verità. Quando poi la notizia in oggetto, viste le sue caratteristiche, entra a far parte di un filone narrativo – come può essere quello scatenato dal caso Weinstein – sembra quasi non ci si faccia scrupolo alcuno. In noi entra sibilante il germe del pregiudizio, vera piaga in un mondo sempre più ricco di sfumature che non sempre si riesce a comprendere. Non riusciamo ancora a resistere alla pubblica gogna di quelle che, sotto la patina impalpabile creata dai media, sono persone (colpevoli o innocenti che siano).
La battaglia contro la violenza sulle donne è una cosa, i danni creati da un’informazione all’insegna dell’audience è un’altra. È bene ricordarlo, in quanto si rischia di provocare danni irreparabili.
Un caso che può essere d’aiuto.
Un ragazzo, pizzaiolo di 24 anni, si innamora della ragazza ventenne con cui lavora. Una sera i due si ritrovano sul retro della pizzeria. Lei gli fa il solletico, lui risponde e, interpretando male il gesto, prova a baciarla. Lei resiste. Lui ci riprova, cingendola e baciandola sul collo, ma subito rinuncia visto il rifiuto di lei. Il tutto avviene sotto le telecamere.
La sera stessa, il ragazzo viene raggiunto dai carabinieri. L’accusa è quella di violenza sessuale. In attesa del processo il giovane sconta cinque giorni a Regina Coeli e altri 42 ai domiciliari.
Finale: il giovane viene assolto, in quanto il fatto è stato considerato un semplice approccio dettato dalle condizioni createsi nel momento in cui lo stesso avveniva.
Cosa avremmo pensato in questo caso? Avremmo esposto il giovane alla pubblica gogna o avremmo atteso l’esito del processo per giudicarlo?

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emanuelesecco

Dottore in Editoria e Giornalismo. Appassionato di scrittura, editoria (elettronica e digitale), social media, musica, cinema e libri. Viaggio il più possibile, ma Budapest è sempre nel cuore.

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