Tribunale di Verona, Sez. Lavoro – Sentenza n. 566/2016 del 16.11.2016 (Dott. A. Gesumunno)

Udienza del 16.11.2016 Causa n.

16Sono comparsi per la parte ricorrente l’€™Avv. M. R. e Avv. C. e per la parte convenuta l’€™Avv. M.
I procuratori delle parti discutono la causa e concludono come in atti.
Il Giudice si ritira in Camera di Consiglio ed all’€™esito pronuncia sentenza mediante pubblica del dispositivo e contestuale motivazione.
Il Giudice tenuto conto del dispositivo di sentenza non definitiva pronunciato in data odierna, contenente condanna generica al pagamento di differenze retributive;
Ritenuto che la causa deve essere rimessa in istruttoria per consentire la quantificazione delle differenze retributive spettanti alla ricorrente;
Ritenuta l’€™opportunità visti anche gli importi in discussione, di pervenire a tale quantificazione mediante conteggi condivisi dalle parti, al fine di evitare i costi di una consulenza tecnica;
Fissa per la prosecuzione della causa l’€™udienza del 25.1.2017 ore 10,45 assegnando alla parte ricorrente termine sino al 10.1.2017 per il deposito di conteggio redatto tenuto conto dei criteri indicati nel dispositivo della sentenza non definitiva.
I procuratori delle parti discutono la causa e concludono come in atti.
Il Giudice si ritira in Camera di Consiglio e all’€™esito pronuncia sentenza mediante pubblica lettura del dispositivo e della contestuale motivazione.

Il Giudice
Dott. Antonio Gesumunno

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI VERONA
Sezione lavoro

Il Giudice, dott. Antonio Gesumunno, all’€™udienza del giorno 16.11.2016 ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo e contestuale motivazione, la seguente

SENTENZA NON DEFINITIVA

nella causa di lavoro n. XXX X XXX RCL promossa con ricorso depositato il 19.11.2013

da

Y. M. (C.F. ), con il patrocinio dell’€™avv. R. M. e dell’€™avv. C. G., elettivamente domiciliato in presso il difensore avv. R. M.

Contro

G. G. I. SPA (C.F. ), con il patrocinio dell’€™avv. C. E. e M. G. , elettivamente domiciliato in presso il difensore

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato il 19/11/2013 Y. M. conveniva in giudizio la società indicata in epigrafe esponendo di avere lavorato quale lavoratrice dipendente della convenuta dal 03/01/2012 in forza di un contratto inizialmente a tempo determinato a tempo parziale, successivamente trasformato a tempo indeterminato, con inquadramento di impiegata d’€™ordine al quarto livello C.C.N.L. commercio terziario;
che l’€™orario previsto dal contratto era dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 12,30; di aver in realtà lavorato sempre per otto ore giornaliere e 40 ore settimanali dal lunedì al venerdì; di aver operato anche a favore delle altre società facenti capo al legale rappresentante della convenuta signor G.; che le parti avevano pattuito un compenso netto mensile di euro 1100 mensili, con integrazione in contanti dei compensi previsti in busta paga, fatta eccezione per le mensilità aggiuntive; di aver ricevuto in contanti il pagamento delle somme indicate in ricorso; di aver ricevuto una contestazione disciplinare per avere nel corso di comunicazioni con propri conoscenti effettuato svariate comunicazioni denigratorie della società convenuta; di essersi giustificata dichiarando di non aver mai abusato degli strumenti di comunicazione poste a disposizione dell’€™azienda, essendosi limitata a criticare taluni atteggiamenti del titolare il quale aveva speso denaro della società per propri scopi personali pur in presenza di una situazione di difficoltà finanziaria dell’€™azienda; che infatti diversi fornitori attendevano di essere pagati e la stessa ricorrente a fine mese di ottobre 2012 doveva ancora percepire la mensilità di settembre 2012; che tuttavia la società convenuta non aveva accolto le giustificazioni e l’€™aveva licenziata per giusta causa con lettera spedita il 13/05/2013 recapitate 15/05/2013; che la società convenuta non aveva versato le mensilità da marzo 2013 in poi compreso il trattamento di fine rapporto per l’€™importo di lordi euro 10.518,45 comprensivo di indennità di preavviso oltre alle differenze maturate nel 2012 sulla 13a e 14a. Ciò premesso la ricorrente chiedeva accertarsi che la ricorrente aveva lavorato a tempo pieno percependo, escluse le mensilità aggiuntive del 2012, importo netto mensile di 1100 e quindi la società convenuta fosse condannata al pagamento a favore del ricorrente della somma lorda di 11.567,45 comprensiva di indennità sostitutiva del preavviso. Chiedeva inoltre accertarsi l’€™illegittimità del licenziamento e quindi che la società convenuta fosse condannata a versare l’€™indennità risarcitoria prevista dall’€™articolo 8 legge 604/66 nella misura massima delle sei mensilità di retribuzione globale di fatto.
Si costituiva in giudizio la società convenuta e contestava integralmente le argomentazioni in fatto e in diritto svolte da parte ricorrente esponendo che la ricorrente aveva osservato l’€™orario di lavoro previsto dal contratto sia pure con una notevole libertà nella gestione del proprio orario determinata da un rapporto di amicizia pregresso con il legale rappresentante; contestava il pagamento di somme fuori busta e osservava comunque che dall’€™esposizione di parte ricorrente risulta avere percepito più di quanto dovuto. Contestava inoltre di dover pagare la retribuzione di maggio 2013, osservando che dal momento in cui era stata consegnata alla ricorrente la lettera di contestazione disciplinare trasmessa anche mediante raccomandata la ricorrente aveva omesso, senza giustificazione, di prestare la propria attività lavorativa, non recandosi più sul posto di lavoro. In ogni caso non spettava indennità  sostitutiva del preavviso. Per quanto riguarda i fatti che hanno condotto al licenziamento alla società convenuta osservava che la ricorrente aveva con svariate comunicazioni a diversi propri amici apertamente denigrato con informazioni false e potenzialmente dannose la società datrice di lavoro paventando il prossimo fallimento dell’€™azienda e riferendo peraltro che il titolare, pur in presenza di tale stato di crisi si era recato all’€™estero con la propria amante. Tali comunicazioni erano state scoperte in occasione di un accesso all’€™account di S. in uso alla ricorrente.
Il Giudice su istanza di parte ricorrente pronunciava ordinanza ai sensi dell’€™art. 423 c.p.c. con la quale ordinava il pagamento delle somme non contestate di euro 1.528,98 per le mensilità di marzo e aprile 2013 di euro 766,73 a titolo di TFR.
La causa veniva istruita mediante l’€™audizione dei testi indicati dalle parti e all’€™udienza del 16/11/2016 la causa veniva discussa e all’€™esito il Giudice leggeva dispositivo di sentenza non definitiva.
Le domande di parte ricorrente devono essere accolte in parte e nei termini di seguito precisati.
La ricorrente non ha dimostrato di avere pattuito con la società convenuta il pagamento di uno stipendio mensile pari a euro 1100 mensili. La ricorrente ha allegato trattarsi di accordi verbali con il titolare e nessun testimone è stato in grado di confermare tale circostanza.
La ricorrente ha tuttavia dimostrato di avere sempre lavorato con orario a tempo pieno e quindi di misura costantemente superiore rispetto a quanto previsto nel contratto a tempo parziale formalmente sottoscritto. La circostanza è stata confermata dai testimoni sentiti nell’€™istruttoria.
La teste Karai, dipendente della società convenuta dal giugno 2012 a 14/12/2012 ha riferito che “io facevo orario dalle 8 alle 13 e dalle 14 alle 17. La ricorrente arrivava un po’€™ più tardi e cioè dal lunedì al venerdì dalle 8,30 e 9 e poi quando io andavo via alle 17 la ricorrente rimaneva lavoro.’€ G.anche confermato che la ricorrente ‘€œfaceva il suo lavoro di segreteria per tutte le società del sig. ‘€.
La teste P., pur non lavorando assieme alla ricorrente, ha riferito di avere trascorso con lei talvolta la pausa pranzo tra le 12 e 45 e le ore 14. Talvolta la teste e la ricorrente si vedevano nei locali in cui si trovava l’€™ufficio dove lavorava la ricorrente. La teste ha riferito che la ricorrente riprendeva il lavoro alle ore 14 e poi finiva verso le ore 18. Infatti qualche volta le due amiche si incontravano dopo il lavoro e la teste passava a prendere la ricorrente, che la aspettava fuori dell’€™ufficio. La teste ha riferito di conoscere i gli orari d’€™inizio alla mattina della ricorrente (ore 8,30) poiché talvolta l’€™accompagnava con la propria automobile.
La teste S. ha riferito di essere andata ogni tanto a trovare in ufficio ricorrente nel pomeriggio prima di iniziare il corso come istruttrice alla B. ‘€œquando la andavo a trovare vedevo che Lei lavorava all’€™ingresso dell’€™ufficio ad una reception, aveva una postazione computer. Mi fermavo qualche minuto solo per salutare e scambiare qualche parola. Io sapevo che lei usciva dal lavoro alle 18 perché qualche volta, soprattutto d’€™estate dopo il lavoro (anche io finivo più o meno in quell’€™orario) ci vedevamo per fare un giro in centro città “.
Le circostanze riferite dai testimoni indicati da parte ricorrente non sono contrastate da prove testimoniali dedotte da parte convenuta, la quale ha rinunciato ai propri testimoni ed ha insistito solo per l’€™audizione del teste G.. Si deve confermare il provvedimento con il quale all’€™esito dell’€™istruttoria è stata fissata udienza discussione, senza accogliere la richiesta di fissare nuova udienza per sentire il teste in questione. Si tratta infatti del legale rappresentante di parte convenuta, il quale ha sottoscritto il mandato a margine della memoria difensiva. La difesa di parte ricorrente ha eccepito tempestivamente l’€™incapacità a testimoniare e non vi sono i presupposti per interrogare liberamente il signor G., anche alla luce degli elementi istruttori addotti da parte ricorrente.
La ricorrente pertanto diritto al pagamento delle retribuzioni calcolate secondo il rapporto a tempo pieno. In mancanza di prova sulla pattuizione di una retribuzione mensile superiore a quella tabellare, si deve riconoscere il diritto della ricorrente al pagamento della retribuzione globale di fatto prevista per il tempo pieno nei prospetti paga prodotti da parte attrice e cioè euro 1528,98 mensili al lordo delle ritenute di legge. Sulla base dei prospetti paga prodotti dalla parte convenuta su ordine del Giudice deve essere riconosciuta una retribuzione tabellare di euro 1545,03 a partire dal mese di maggio 2013. Dal prospetto paga di maggio 2013 risulta inoltre che la parte convenuta ha considerato cessato il rapporto di lavoro al 15.5.2013. Ciò è confermato dalla stessa azienda convenuta nella lettera di recesso, in cui si comunica la risoluzione del rapporto di lavoro dalla data della stessa comunicazione di licenziamento senza preavviso.
La convenuta ha contestato di dovere il pagamento della retribuzione del mese di maggio 2013. Secondo l’€™ex datrice di lavoro infatti la ricorrente, ricevuta la contestazione disciplinare, contestualmente inviata anche per raccomandata, si sarebbe assentata volontariamente dal lavoro e non sarebbe più rientrata in azienda.
La circostanza è stata confermata dal teste Avv. G. (sentito previa rinuncia alla procura conferita per l’€™assistenza legale nel presente giudizio dalla convenuta), il quale ha riferito di avere assistito al colloquio tra l’€™amministratore delegato e la ricorrente: ‘€œil colloquio aveva come oggetto la contestazione disciplinare”; ‘€œal termine del colloquio la ricorrente si è alzata ed ha detto che lei sarebbe andata via. Disse una frase che aveva in sostanza il senso ‘€œHo fatto una stupidaggine e vi risparmio la fatica, me ne vado tanto sono stufa di stare qua” ed effettivamente lei è uscita ed ha lasciato l’€™ufficio. Per quanto ricordo non è più rientrata lavoro”.
La ricorrente si è volontariamente si è assentata dal lavoro e non ha offerto la propria prestazione. Pertanto non ha diritto alla retribuzione tabellare per la porzione del mese di maggio 2013, unica mensilità contestata dalla parte convenuta.
La società convenuta deve essere quindi condannata a pagare le differenze retributive calcolate sulla base di una retribuzione tabellare mensile di euro 1.528,98 sino all’€™aprile 2013 e di euro 1545,03 per il mese di maggio 2013 a titolo di: retribuzione mensile per i soli mesi di marzo ed aprile 2013, indennità per ferie non godute ed ex festività relativamente agli anni 2012 e 2013; ratei di tredicesima e 14A mensilità , trattamento di fine rapporto. Le differenze retributive sono state calcolate nel ricorso sulla base della non provata retribuzione mensile netta di 1.100,00 (‘€œlordizzata’€ in euro 1574,00). Pertanto le differenze retributive spettanti al ricorrente devono essere ricalcolate nel prosieguo del giudizio previa remissione in istruttoria come da separata ordinanza, detratto quanto eventualmente percepito in esecuzione dell’€™ordinanza emessa ai sensi dell’€™art. 423 c.p.c.
Le domande aventi per oggetto l’€™impugnazione del licenziamento sono infondate e devono essere integralmente rigettate.
La ricorrente ha sostanzialmente non contestato di aver utilizzato un account S. riferibile all’€™azienda per scambiare messaggi con propri amici nei quali si esprimevano generici giudizi sulla solidità e solvibilità dell’€™azienda, definita come prossima al fallimento, e valutazioni, aventi oggettivamente contenuto lesivo dell’€™onore della reputazione del legale rappresentante, sul comportamento che l’€™amministratore delegato avrebbe posto in essere in spregio dei propri legami familiari e delle esigenze dell’€™azienda. La ricorrente ha giustificato tale comportamento con la situazione di difficoltà in cui si trovava l’€™azienda e le difficoltà finanziarie che avevano determinato il mancato pagamento di fornitori e le retribuzioni della stessa lavoratrice ricorrente.
Come già osservato da questo Giudice nell’€™ordinanza in data 7.1.2015, l’€™esercizio legittimo del diritto di critica da parte del dipendente deve essere contenuto entro determinati limiti formali e sostanziali, i quali nel caso in esame appaiono sicuramente travalicati. Si deve tenere conto anche del fatto che le conversazioni avvenivano tramite un account aziendale in uso alla ricorrente e quindi tali affermazioni della lavoratrice potevano ragionevolmente apparire come provenienti “ufficialmente’€ dalla stessa azienda.
La condotta tenuta dalla ricorrente deve essere quindi qualificata come idonea a interrompere il legame di fiducia tra la lavoratrice e il datore di lavoro e quindi appare legittimo il licenziamento per giusta causa.
Deve pertanto essere respinta anche la domanda diretta ad ottenere il pagamento dell’€™indennità di preavviso.
Le spese di lite saranno regolate con la sentenza definitiva.

P.Q.M.

Il Tribunale di Verona in funzione di giudice del lavoro, non definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata
1) In parziale accoglimento delle domande di parte ricorrente, dichiara che tra la ricorrente e la società convenuta si è svolto un rapporto di lavoro subordinato con inquadramento al 4 livello del CCNL Commercio -Terziario e con orario a tempo pieno per otto ore giornaliere dal 3.1.2012 al 15.5.2013;
2) Dichiara pertanto che la ricorrente aveva diritto ad un retribuzione mensile tabellare lorda ai sensi del CCNL commercio pari a euro 1528,98 sino al mese di marzo 2013 e di euro 1545,03 dal mese di aprile 2013;
3) Condanna la parte convenuta a versare alla ricorrente, le differenze retributive maturate a titolo di: retribuzione mensili per i mesi di marzo e aprile 2013, l’€™indennità per ferie non godute ed ex festività relativamente agli anni 2012 e 2013; i ratei di tredicesima e 14A mensilità ; trattamento di fine rapporto, differenze da quantificarsi nel prosieguo del giudizio, detratto quanto eventualmente percepito in esecuzione dell’€™ordinanza emessa ai sensi dell’€™art. 423 c.p.c.
4) Rigetta nel resto le domande di parte ricorrente;
5) Provvede con separata ordinanza per la ulteriore istruzione della causa
6) Spese al definitivo;

Verona, 16.11.2016;

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