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Interdittiva antimafia: annullato il risarcimento per l'impresa

Il caso in esame è quello di un’impresa a cui i giudici, in seguito a una mancata aggiudicazione di un appalto da parte del Comune di Torraca (Salerno), riconoscono un risarcimento danni di 123mila euro a cui vanno sommati gli interessi legali. In seguito a tale sentenza, si viene a conoscenza del fatto che l’impresa è stata precedentemente raggiunta da un provvedimento interdittivo antimafia, fino a quel momento tenuto nascosto. Vista la novità, il Comune si vede costretto a chiedere di non dover pagare il risarcimento. L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 3/2018, ha ritenuto la richiesta fondata.
A giustificare la decisione è stata la giurisprudenza formatasi sul caso. Già nel 2016 il Comune, rivoltosi al Consiglio di Stato, si era visto bocciare la decisione di annullare il pagamento. Richiesta respinta in quanto l’interdittiva antimafia era arrivata dopo la formulazione del giudizio sul caso, quest’ultimo ritenuto come formula «intangibile» che «in uno Stato di diritto non può più essere messa in discussione».
Nonostante tutto, il Comune si è comunque rifiutato di procedere al pagamento. Di conseguenza, l’impresa si è rivolta nuovamente ai giudici. Il caso, sottoposto ancora alla quinta sezione del Consiglio di Stato e che vedeva il Comune di Torraca appellarsi all’articolo 67 del Codice antimafia (D.Lgs 159 del 2011), è stato quindi sottoposto all’Adunanza plenaria.
La sentenza n. 3/2018, con relatore Forlenza, dà ragione al Comune, specificando che la norma prevista dal Codice antimafia deve essere intesa nel senso «di precludere all’imprenditore (persona fisica o giuridica) la titolarità della posizione soggettiva che lo renderebbe idoneo a ricevere somme dovutegli dalla pubblica amministrazione a titolo risarcitorio (…)». Lo scopo della norma, infatti, è quello di «impedire ogni attribuzione patrimoniale da parte della pubblica amministrazione» nei confronti dei soggetti nei quali sono state riscontrate infiltrazioni mafiose. Questo perché l’interdittiva antimafia è «una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cosiddetto lato esterno) rapporti giuridici con la pubblica amministrazione».
In questo senso, va a cadere la decisione presa nel 2016 dalla quinta sezione del Consiglio di Stato. È ovvio come il mancato pagamento del risarcimento «non consegue ad una “incisione” del giudicato, per così dire “sterilizzandone” gli effetti, bensì consegue alla incapacità del soggetto (che astrattamente sarebbe) titolare del diritto da esso nascente a percepire quanto spettantegli». In poche parole, un imprenditore in odore di mafia non è un soggetto che può «essere titolare (ovvero a persistere nella titolarità) del diritto di credito».
 
 
Fonte: IlSole24Ore

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