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Perequazione pensioni: via libera da Corte Costituzionale

Tolto ogni dubbio sulla costituzionalità del Dl 65 del 2015 in tema di perequazione delle pensioni. Lo ha reso noto la Corte Costituzionale con comunicato stampa in data 1° dicembre: riconosciuta la «rivalutazione automatica delle pensioni per gli anni 2012 e 2013» e quella «in misura proporzionale decrescente anche alle pensioni – prima escluse – comprese tra quelle superiori a tre volte il trattamento minimo Inps e quelle fino a sei volte lo stesso trattamento».
La  sentenza n. 250/2017 è chiara: il decreto legge in questione è pienamente costituzionale in quanto introduce una disciplina diversa rispetto al suo predecessore (il cosiddetto Salva-Italia, Dl 201 del 2011) ed è in piena continuità con la sentenza n. 70 del 2015 che ne aveva espresso l’illegittima costituzionalità. Respinte tutte le censure contenute in 15 ordinanze.
Si legge nel comunicato: il legislatore, con il decreto Salva-Italia, «aveva fatto “cattivo uso” della propria discrezionalità, bilanciando in modo irragionevole l’interesse dei pensionati alla conservazione del potere d’acquisto delle pensioni con le esigenze finanziarie dello Stato» sacrificando il primo, «in particolare quello dei titolari di “trattamenti previdenziali modesti”, in nome di esigenze finanziarie “neppure illustrate”». Si chiedeva, perciò, tramite sentenza n. 70/2015 «un nuovo intervento legislativo per bilanciare in modo diverso i valori e gli interessi coinvolti».
La sentenza 250/2017 ribadisce come «la rivalutazione automatica è uno “strumento tecnico” necessario per salvaguardare le pensioni dall’erosione del loro potere d’acquisto a causa dell’inflazione, e per assicurare nel tempo il rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità dei trattamenti di quiescenza». In poche parole, si deve salvaguardare «la garanzia di un reddito che non comprima le “esigenze di vita cui era precedentemente commisurata la prestazione previdenziale”».
Nel Dl 65 del 2015, infine, le esigenze finanziarie di cui ha tenuto conto il legislatore «sono preservate attraverso un sacrificio parziale e temporaneo dell’interesse dei pensionati a preservare il potere di acquisto dei propri trattamenti». Tale caratteristica si evince dal riconoscimento della perequazione «in misure percentuali decrescenti all’ammontare dell’importo complessivo del trattamento pensionistico, sino ad escluderla per quelli superiori a sei volte il minimo Inps. Il legislatore, quindi, ha «destinato le limitate risorse finanziarie disponibili in via prioritaria alle categorie di pensionati con i trattamenti pensionistici più bassi».
 

Fonte: Corte Costituzionale
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