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Pena di morte e abolizionismo: cosa è cambiato nel mondo nei 231 anni dalla prima abolizione

Il 30 novembre 1786 il Granducato di Toscana fu il primo Stato ad abolire la pena di morte. In pieno clima illuminista, a pochissimi anni dall’evento che diede il la al processo di democraticizzazione dell’Occidente, il granduca Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena fece emanare la Riforma della legislazione criminale del Granducato che aboliva la pena di morte sostituendola con pubblici lavori a vita.
Il primato fu epocale se si pensa che la Riforma avvenne all’interno di uno Stato la cui forma di governo era la monarchia. Ad ispirare il Granduca furono le idee espresse da Cesare Beccaria nel famoso pamphlet Dei delitti e delle pene. Nel capitolo dedicato alla pena di morte, il giurista affronta la questione abolizionista da un punto di vista utilitarista: «Se dimostrerò non essere la pena di morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità»[1]. Così Beccaria passa a dimostrare come in uno Stato «libero e tranquillo»[2] produca una maggior impressione una pena duratura, come la schiavitù a vita, piuttosto che la passione violenta ma momentanea prodotta dalla morte. Per l’illuminista Beccaria ciò che è utile dal punto di vista della ragione è anche giusto dal punto di vista dell’umanità; infatti la soluzione utilitarista, che a noi può suonare fredda, esprimeva la posizione del movimento che non a caso pochi anni dopo avrebbe dato vita alla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e del cittadino.
Nonostante siano trascorsi 231 anni dalla Riforma del Granducato, oggi sono ancora 57 i paesi che mantengono in vigore la pena di morte, mentre 29 sono quelli abolizionisti solo de facto. Nel 2016, sono state messe a morte almeno 1.032 in 23 paesi. La maggioranza delle condanne a morte sono state eseguite nell’ordine in Cina, Arabia Saudita, Iran e Pakistan. La cifra di 1.032 esecuzioni non tiene conto delle migliaia di sentenze capitali eseguite in Cina poiché il dato è coperto dal segreto di stato[3]. Negli Stati Uniti sono ancora 32 gli stati in cui è in vigore la pena capitale; nel 2016 il numero delle esecuzioni (32) è stato il più basso mai registrato dal 1973[4]. L’Associazione Nessuno Tocchi Caino offre una Banca Dati aggiornata sulla diffusione e l’applicazione della pena di morte nel mondo (link).
Nel 2007 il nostro Paese si è fatto portavoce della risoluzione dell’ONU per la moratoria universale della pena di morte che invita quegli Stati in cui ancora vige la pena di morte a limitare i reati per cui è prevista e a «stabilire una moratoria delle esecuzioni  nella prospettiva dell a (sua) abolizione»[5]. Dal 2007 il voto in favore per la moratoria avviene ogni due anni e associazioni come Amnesty International fanno parte di una Task Force il cui obiettivo è quello di raccogliere un numero sempre maggiore di voti favorevoli.
La scomparsa totale della pena di morte rappresenterà un passo fondamentale nella storia del progresso civile dell’umanità e lo sarà ancora di più se avverrà nel nome del riconoscimento di una dimensione di eccedenza alla vita, eccedenza che la renderà indisponibile alle conseguenze di una mera applicazione della legge da parte dell’uomo.
 

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[1] Cfr. Cesare Beccaria, Dei delitti e delle Pene, Torino, Einaudi, 2007, p. 69 (http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_7/t157.pdf).
[2] Ivi, p. 71.
[3] Amensty International (https://www.amnesty.it/campagne/pena-di-morte/).
[4] Ibidem.
[5] Cfr. ONU, Risoluzione 62/149 del 2007, Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla Moratoria Universale delle esecuzioni capitali.

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