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L'istituto di messa alla prova convince la Corte Costituzionale

L’istituto della messa in prova, così come introdotto grazie alla legge n. 67/2014, ha superato in toto il vaglio della Corte Costituzionale.
La sentenza n. 91/2018, con relatore Giorgio Lattanzi, mette in chiaro come l’istituto in esame non presenti aspetti non riconducibili alle ordinarie categorie costituzionali penali e processuali. Sua peculiarità è essere una novità, in quanto «segna un ribaltamento dei tradizionali sistemi di intervento sanzionatorio»; punto già messo in rilievo dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 36272 del 31 marzo 2016.
Nel procedimento dell’istituto, come osservato dai giudici, manca una condanna e «correlativamente manca un’attribuzione di colpevolezza dell’imputato», il quale, su sua richiesta, può essere sottoposto a un trattamento alternativo alla pena applicabile nel caso di eventuale condanna. Per di più, la stessa esecuzione del trattamento viene rimessa alla volontà del soggetto, il quale può farla cessare in qualsiasi momento  per poter far riprendere il procedimento penale.
Decisione della Corte, quindi, è che l’istituto in esame non viola, tra gli altri, gli artt. 27 e 25 Cost., rispettivamente la presunzione di non colpevolezza e la determinatezza del trattamento sanzionatorio.
 

Fonte: Corte Costituzionale
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Redazione interna sito web giuridica.net

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