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L’azione revocatoria fallimentare

Nella sentenza n. 1/2018 del Tribunale di Savona un curatore fallimentare conviene in giudizio una società di trasporti richiedendo la dichiarazione d’inefficacia dei versamenti effettuati in favore di quest’ultima nel semestre antecedente la dichiarazione di fallimento.
Preso atto che la legge fallimentare detta regimi diversi a seconda che la revoca riguardi atti a titolo gratuito, i pagamenti o gli atti a titolo oneroso, l’art. 67 comma 2 della legge fallimentare dispone che «sono altresì revocati, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’ insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento».
Il perno di tutto l’edificio della revoca fallimentare ruota quindi attorno al concetto soggettivo di conoscenza dell’insolvenza della società.
Da un lato il curatore fallimentare ha allegato le risultante del bilancio della fallita mentre dall’altro ha evidenziato come la convenuta avesse proposto non uno bensì due piani di rientro per far fronte, senza successo, ai debiti della fallita.
Sono bastevoli questi elementi per ritenersi provata la conoscenza dello stato di insolvenza?
Secondo la sentenza n. 26061/2017 della Cassazione: «Ai fini della valutazione degli indizi vi è un procedimento che si articola in un duplice apprezzamento, costituito in primo luogo dalla valutazione analitica di ciascuno degli elementi indiziari, ai fini dell’eliminazione di quelli intrinsecamente privi di rilevanza, e in secondo luogo dalla valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati, al fine di accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni indizi».
Il giudice del caso di specie conclude giocoforza per l’accoglimento della richiesta, evidenziando come «gli elementi probatori condotti in giudizio siano idonei a fare ritenere la conoscenza in capo alla convenuta della insolvenza, da intendersi come difficoltà non temporanea a fare fronte alle proprie obbligazioni».

Leggi il testo integrale – Tribunale di Savona, sentenza n. 1/2018

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Michel Simion

Dottore in Giurisprudenza, Università degli Studi di Verona. Tesi in diritto costituzionale giapponese, appassionato di letteratura asiatica.

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