Sentenze

Tribunale di Parma, Sez. Civile – Sentenza n. 980/2016 del 28.07.2016 (Dott. V. Rada Scifo)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PARMA

In composizione monocratica, nella persona del Giudice Dott.ssa Rada V. Scifo, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta con il n. /2006 R.G., avente ad oggetto “vendita di cose immobili”

promossa da

S. W. e M. G., elettivamente domiciliati in Parma, via , presso lo studio dell’ Avv. U. S., che li rappresenta e difende, giusta delega in calce all’atto di citazione;

– attori –

contro

COMUNE DI PARMA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. F. M. per mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta, elettivamente domiciliato presso lo studio del suddetto difensore, sito in Parma, ; –

-convenuto –

e contro

M. V., elettivamente domiciliato in Parma, presso lo studio dell’ Avv. G. C., che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine della comparsa di costituzione e risposta; – convenuto-

e contro

V. G., elettivamente domiciliato in Parma, via , presso lo studio degli avv.ti A. A. e P.  che lo rappresentano e difendono, giusta delega a margine della comparsa di costituzione e risposta;

-convenuto –

CONCLUSIONI

I procuratori delle parti hanno precisato le proprie conclusioni come da verbale di udienza del 23.6.2015.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato S. W. e M. G., in qualità di ex soci della società “Impresa E. M. G. e C. s.n.c.”, convenivano in giudizio, avanti l’intestato Tribunale, il Comune di Parma, M. V. e V. G. chiedendo: a) in via principale, di sentir accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione del diritto del Comune di Parma ad esigere il rimborso di qualsiasi somma in forza del contratto di compravendita stipulato il 2.7.1982 per l’acquisto del lotto da parte della suddetta società ; 2) in via subordinata, di dichiarare parte attrice non onerata dal dover rifondere al Comune di Parma i maggiori oneri di esproprio sostenuti dall’Ente e corrisposti agli originari proprietari cedenti delle aree del PIP, in particolare gli interessi, le rivalutazioni e le spese poste a carico del Comune in favore degli originari proprietari e comunque dichiarare non certa, non liquida non esigibile e non provata la somma loro richiesta a titolo di rimborso; c) di dichiarare l’inesistenza del titolo da parte del Comune di Parma a chiedere agli stessi attori la quota parte dei maggiori oneri di esproprio per avere gli stessi rivenduto il terreno; d) di condannare i convenuti M. V. e V. G. al pagamento, pro quota, direttamente al Comune, o in subordine a rimborsare agli attori, i suddetti oneri in virtù dei successivi atti di acquisto, conclusi con la società M. rispettivamente in data 24.12.90 e in data 16.12.91 .
Deducevano, in particolare, gli attori: 1) la decorrenza del termine prescrizionale decennale del diritto dell’Amministrazione ad ottenere il rimborso degli oneri d’esproprio dalla data di pubblicazionesentenza della Corte Cost. n. 223/1983 ; 2) il comportamento negligente del Comune convenuto e la violazione del principio di buona fede contrattuale ex art. 1375 c.c.; 3) l’incertezza dei criteri di calcolo e delle suddivisioni pro quota adottati dall’Amministrazione comunale.
Con comparsa depositata il 30.1.2007 si costituiva in giudizio il Comune di Parma, eccependo, preliminarmente, il difetto di giurisdizione del Tribunale adito per essere la giurisdizione della controversia in capo al giudice amministrativo; nel merito, contestati gli assunti di controparte, concludeva per il rigetto di tutte le domande ex adverso proposte in quanto inammissibili, illegittime, infondate , chiedendo la condanna di parte attrice al pagamento in favore del Comune di Parma della quota parte dei maggiori oneri relativi al lotto di terreno acquistato dalla società M. G. e sostenuti dall’Amministrazione comunale per l’attuazione dei PIP, nella misura alla stessa intimata, pari ad Euro 27.803,79, ovvero quella maggior o minor somma che sarebbe risultata di sua spettanza all’esito dell’esperita istruttoria.
Con memoria depositata il 9.1.2007 si costituiva M. V. chiedendo il rigetto della domanda svolta dagli attori nei propri confronti in quanto generica ed indeterminata.
Con memoria depositata il 9.1.2007 si costituiva V. G. chiedendo: a) in via preliminare, di dichiarare l’intervenuta prescrizione del diritto fatto valere dal Comune di Parma; b) di dichiarare l’inopponibilità a parte attrice (e conseguentemente al convenuto V.) dei “patti particolari” del contratto sottoscritto con il Comune, con conseguente insussistenza del credito nei confronti dell’Amministrazione Comunale; c) in subordine, di dichiarare non tenuta parte attrice (e quindi anche il convenuto volta) al pagamento della somma richiesta per i maggiori oneri sostenuti dal Comune di Parma, somma da ritenersi comunque non liquida né esigibile.
La causa veniva istruita mediante CTU e trattenuta in decisione all’udienza del 23.6.2015 con concessione dei termini di legge per il deposito degli scritti conclusivi; successivamente, con ordinanza depositata il 27.10.2015, il giudice rimetteva la stessa sul ruolo a causa del proprio trasferimento presso altro ufficio e, a seguito di vari rinvii, la causa veniva definitivamente trattenuta in decisione all’udienza del 29.6.2016 senza concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per espressa rinuncia delle parti.
Va premesso, sul piano normativo, che l’art. 27 della Legge 22.10.1971 n. 865 (Programmi e coordinamento dell’edilizia residenziale pubblica) stabilisce che “ i comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione approvati possono formare, previa autorizzazione della regione, un piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi”, e che ai suddetti piani “si applicano, in quanto compatibili le norme della legge 18 aprile 1962 n. 167 e successive modificazioni” (Legge sui piani per l’edilizia economica popolare PEEP).
Lo stesso art. 27 prevede che “le aree comprese nel piano .. sono espropriate dai comuni o loro consorzi secondo quanto previsto dalla presente legge in materia di espropriazione per pubblica utilità” (5°comma) e che “il comune utilizza le aree espropriate per la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale commerciale e turistico mediante la concessione in proprietà o concessione del diritto di superficie sulle aree medesime. Contestualmente all’atto di concessione o all’atto di cessione della proprietà tra il comune ed il beneficiario viene pertanto stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell’acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza”.
L’art. 35 della cit. Legge 865 – sostitutivo dell’art. 10 L.167/1962 – dispone poi che “i corrispettivi della concessione in superficie e i prezzi delle aree cedute in proprietà devono, nel loro insieme, assicurare la copertura delle spese sostenute dal comune o dal consorzio per l’acquisizione delle aree comprese in ciascun piano approvato …”. La legge dispone dunque che le spese sostenute dall’ente pubblico per acquisire terreni ricompresi in ciascun piano P.I.P. debbano trarre interamente copertura dai proventi derivanti dalla singole cessioni i diritto di superficie o in diritto di proprietà dei singoli lotti assegnati.
Con delibera del Consiglio Comunale n. 794 del 23.4.1980 il Comune di Parma ha approvato il Piano degli Insediamenti Produttivi comprendente l’insediamento di via Mantova in cui si trova il lotto de quo.
Negli atti di acquisto da parte del suddetto ente dei terreni destinati a costituire il C. P.. via Mantova vennero inserite, con espressa menzione nell’atto o con rinvio alle rispettive delibere comunali, determinate clausole relative al futuro conguaglio dell’indennità definitiva che il Comune di Parma avrebbe dovuto corrispondere ad essi proprietari quale prezzo delle aree cedute tramite atto di cessione volontaria (doc. nn. 1, 3, 7, 9 fasc. attori).
In data 2.7.1982 la società “Impresa E. M. G. e C. s.n.c.” acquistò dal Comune di Parma un lotto di terreno compreso nel comparto artigianale P.. di via Mantova, zona est, di mq 1133 al prezzo di lire 7.880.015, ricompreso nel terreno che gli originari proprietari avevano, a loro volta, ceduto al Comune di Parma tramite cessione volontaria, in sede di procedura espropriativa.
Nell’atto venne, altresì, al punto 6, pattuito: “La parte acquirente dovrà rimborsare pro quota al Comune l’eventuale conguaglio che lo stesso dovrà versare ai precedenti proprietari delle aree P.. secondo quanto sarà stabilito dalla nuova legge sulle espropriazioni per pubblica utilità e secondo quanto previsto dall’art. 1 della legge 385/1980 contenente norme provvisorie sull’indennità di espropriazione di aree edificabili” (doc. 10 fasc. attori).
Con atto di vendita del 24.12.1990 la società Impresa E. M. G. e C. s.n.c. trasferì a M. V. un fabbricato con annessa porzione di area, edificato nella parte nord del lotto del comparto P.. di via Mantova, zona est, precedentemente acquistato dal Comune di parma, sito in via Fantelli n. 3/a; nel suddetto atto fu prevista una clausola secondo cui “la parte acquirente subentra pro quota nell’obbligo di pagare l’eventuale conguaglio spettante agli originari proprietari delle aree ai sensi delle norme vigenti interne di espropriazione per pubblica utilità e cessioni relative …”(cfr. doc. 11 fasc. attori).
Con successivo atto di vendita del 16.12.1991 la medesima società Impresa E. M. G. e C. s.n.c. trasferì a V. G. un fabbricato con annessa porzione di area, edificato nella parte nord del lotto del comparto P.. di via Mantova, zona est, precedentemente acquistato dal Comune di parma, sito in via ; per espresse previsioni contrattuali l’immobile fu compravenduto “con le servitù attive e passive inerenti ed in particolare con gli obblighi, oneri e diritti risultanti dall’atto di provenienza che l’acquirente dichiara di ben conoscere ed accettare per averne presa visione, come esso espressamente dichiara” (cfr. doc. 12 fasc. attori).
All’esito dei giudizi promossi dagli originari cedenti le aree (cfr. doc. nn. 2, 4, 5, 6, 8 fasc. attori), con delibera di Giunta – n. 429 del 3.4.2006 – il Comune di Parma ha disposto di procedere al riparto dei maggiori oneri espropriativi sostenuti per l’acquisizione delle aree costituenti il comparto P.. di via Mantova, in cui è ricompreso il lotto acquistato dagli odierni attori (doc. 13 fasc. attori).
In esecuzione di tale delibera, in data 6.4.2006 il Comune ha inoltrato una prima raccomandata agli attori in qualità di ex soci dell’Impresa M. G. , che nelle more ha cessato la propria attività (cfr. doc. nn. 14, 15 e 16 fasc. attoreo), specificando che: “in relazione alla convenzione/concessione stipulata … con la presente si comunica che la Giunta Comunale, con propria deliberazione richiamata in oggetto ha approvato le ripartizioni dei maggiori oneri espropriativi tra gli assegnatari…”; alla missiva è stato allegato un prospetto di riparto da cui si desume che la somma richiesta a parte attrice è di € 26.810,14 (doc. 17 fasc. attori).
Successivamente, in data 8.5.2006 il Comune ha comunicato agli stessi che: “La Giunta Comunale n. 559 del 4 maggio 2006 ha modificato le precedenti deliberazioni n. 429 e 431 del 3 aprile 2006, stabilendo termini più lunghi per il pagamento delle somme dovute per maggiori oneri espropriativi tra gli originari assegnatari dei P.. come individuato negli elaborati allegati alla presente” , intimando agli attori di pagare al Comune di Parma la maggior somma di € 27.803,79 “relativa alla quota parte dei maggiori oneri di esproprio delle aree di proprietà M. G. e C. s.n.c.”, secondo quanto si desume dall’allegato prospetto di riparto dei maggiori oneri di esproprio (doc. 18 e 19).
Gli attori hanno sollevato diverse eccezioni finalizzate a negare la debenza del pagamento all’ente convenuto, quantomeno nei termini richiesti, del conguaglio; tali eccezioni, conformemente al consolidato orientamento dell’intestato Tribunale (cfr. sent. nn. 1047/07, 1048/08, 605/12, 612/12, 613/12, 619/12, 683/12, 769/12, 793/12, 607/12, 794/12, 985/12), cui questo giudice aderisce, si ritengono infondate e vanno rigettate per i motivi di seguito illustrati.
1. Difetto di giurisdizione.
Deve innanzitutto darsi atto della espressa rinuncia da parte dell’amministrazione convenuta all’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata nella comparsa di costituzione e risposta e nella prima memoria ex art. 183 VI comma c.p.c. e non riproposta nelle conclusioni formulate all’udienza del giorno 23.6.2015.
Al riguardo si evidenzia che l’ente comunale ha formalizzato tale rinuncia nella comparsa conclusionale depositata il 21.9.2015, ove si è dato atto della volontà di abbandonare espressamente la relativa questione.
2. Prescrizione del diritto del Comune al recupero delle somme ingiunte.
Si ricordi che, sotto il profilo prettamente giuridico, la cessione volontaria è un contratto ad evidenza pubblica, con prezzo vincolato corrispondente all’indennità di espropriazione da liquidare nei modi previsti dalla normativa.
Nel caso di specie la legge n. 385/1980, regolando in via provvisoria l’indennità di esproprio, aveva reintrodotto (provvisoriamente) i criteri già dichiarati costituzionalmente illegittimi dalla sentenzan.5/1980, temporaneamente abrogando gli artt. 39 e 40 della legge n. 2359/1865; quindi, avendo gli originari proprietari dei lotti compresi nel comparto P.. via Mantova, accettato l’indennità provvisoria a titolo di acconto su quella definitiva, il conguaglio medesimo rimase inesigibile fin quando, con la sentenza n. 223/1983, la Corte Costituzionale, dichiarate illegittime le norme contenute nella legge n.385 cit., e quelle successive di proroga, ebbe a ridare vigore ai citt. artt. 39 e 40.
Tuttavia, privo di pregio appare l’assunto di parte attrice circa la decorrenza del termine prescrizionale dalla data della pronuncia della Corte Costituzionale n. 223/83 alla luce dei principi espressi dalla Suprema Corte (citata nell’ordinanza istruttoria del 14.11.2007), secondo cui “dichiarata, con sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 1983, la illegittimità costituzionale della legge 28 luglio 1980, n. 385 e delle successive leggi di proroga che avevano reintrodotto, in via provvisoria e salvo conguaglio, criteri di determinazione della indennità di espropriazione per pubblica utilità, analoghi a quelli previsti dall’art. 16 della legge n. 865 del 1971, già dichiarati costituzionalmente illegittimi, quanto alle aree fabbricabili, con sentenza n. 5 del 1980, e rimasta regolata la liquidazione della indennità di esproprio – prima delle innovazioni apportate dall’art. 5-bis del d.l. n. 333 del 1992, convertito, con modificazioni, nella legge n. 359 del 1992 – dalle norme generali della legge 25 giugno 1865, n. 2359, le quali avevano riacquistato la loro originaria efficacia al Comune che, in epoca anteriore alla pubblicazione della sentenza n. 223 del 1983, avesse concesso ad una società il diritto di superficie su di un’area per la realizzazione di abitazioni di tipo economico e popolare, per un corrispettivo pari all’iniziale costo di acquisizione, non può addebitarsi la inerzia nella nuova quantificazione del costo di acquisizione delle aree a seguito della sentenza medesima, e del conseguente conguaglio del prezzo della cessione volontaria spettante al proprietario, né nella offerta della relativa somma, con successiva richiesta di rimborso alla concessionaria, nella incertezza sulla effettiva richiesta del conguaglio. Pertanto, il termine prescrizionale del diritto del Comune di ottenere dalla società concessionaria il rimborso delle somme spettanti al proprietario espropriato comincia a decorrere solo dal momento dell’effettivo pagamento della indennità dovuta a quest’ultimo, come rideterminata a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 1983” (cfr. Cass. n. 15973/06) . Pertanto, ritenendo che il termine prescrizionale cominci a decorrere dal momento in cui le relative somme sono state conosciute ed anticipate dal Comune (cfr. anche Cons. Stato n. 3983/03), nel caso di specie, nessuna prescrizione può considerarsi maturata, atteso che la decorrenza del relativo termine deve farsi coincidere con la data delle singole delibere in cui il Comune ha disposto il pagamento delle maggiori somme a seguito della definizione di tutti i contenzioni in essere con gli originari proprietari (cfr. delibera n. 429 del 3.4.06 come modificata dalla delibera n. 559 del 4.5.2006 in atti).
3) Buona fede contrattuale , violazione art. 1375 c.c.
Venendo alla dedotta violazione dell’art. 1375 c.c. da parte del Comune per gravi carenze dell’iter amministrativo, si ricordi che la citata norma richiama un generale dovere di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra compiendo tutti quegli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico (cfr. Cass. n. 3185/2003).
In particolare, secondo l’impostazione attorea, “non solo il Comune ha omesso di concludere tempestivamente il procedimento espropriativo secondo i principi legali derivanti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 223/1983 e quindi in base alla legge 2359/1865, ma nel momento in cui ha ricevuto le richieste di corresponsione dei conguagli delle indennità da parte degli originari proprietari dei terreni, ha omesso di darne tempestiva notizia agli acquirenti dei lotti al fine di evitare loro eventi pregiudizievoli. (…) Il comportamento negligente del Comune è poi perdurato fino al 2006: gli assegnatari dei lotti non sono stati portati a conoscenza dell’avvio dei giudizi intentati dai precedenti proprietari, delle sentenze pronunciate dal Tribunale di Parma, della decisione del Comune di appellare dette sentenze, e neppure della intervenuta transazione tra Comune e precedenti proprietari . (…) Non può essere messo in dubbio che, eventualmente, ciò che sarebbe dovuto dagli assegnatari al Comune è il solo conguaglio dell’indennità di esproprio determinata secondo i parametri “restaurati” dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 223/1983. (…) La cessione volontaria è contratto ad evidenza pubblica teso a definire più rapidamente il procedimento espropriativo relativo alle aree oggetto della cessione e quindi il prezzo di cessione delle aree a favore degli assegnatari delle aree espropriate deve necessariamente essere determinato all’interno del procedimento volto a stabilire il prezzo di esproprio e non può certamente essere costituito dalle somme concordate con il privato espropriato in via transattiva ed al di fuori della procedura espropriativa. Né possono essere accollati agli assegnatari costi aggiuntivi, quali gli interessi imputabili al ritardo nella definizione della indennità e comunque diversi dal solo computo dell’indennità di esproprio (…)” (cfr. comparsa conclusionale depositata dagli attori in data 21.9.2015) .
Come già evidenziato nelle numerose pronunce di questo Tribunale, in verità l’Ente comunale ha resistito in giudizio alle pretese degli originari proprietari anche nell’interesse degli assegnatari dei lotti (cfr. doc. nn. 1-9 fasc. attori): infatti, se anziché resistere avesse corrisposto ciò che i proprietari chiedevano, avrebbe verosimilmente dovuto sopportare un esborso maggiore e, stante la previsione legislativa di recupero dei maggiori oneri, avrebbe reso sicuramente ancor più onerosa la ripartizione pro quota nei confronti degli assegnatari, ivi compresi gli odierni attori, il che rende irrilevante la dedotta inopponibilità al medesimo (ex art.2909 c.c.) degli esiti delle cause intentate dagli originari proprietari e delle consulenze di ufficio espletate in esse.
Pertanto, riguardo alla dedotta violazione del principio enunciato nel cit. art. 1375, non può ravvisarsi un comportamento negligente dell’Amministrazione convenuta, né un pregiudizio per gli odierni attori, né per gli altri assegnatari, posto che il Comune, come si è detto, ha agito attuando un preciso obbligo giuridico con la diligenza che compete ad un organo pubblico rappresentante della collettività locale e con l’imparzialità e la trasparenza che gli impongono le norme.
Gli attori non hanno peraltro precisato di quali iniziative siano stati privati per l’asserita mancata informazione sul procedere dell’iter espropriativo, fermo restando che il valore dei terreni e le richieste dei proprietari espropriati erano più elevati di quanto il Comune abbia loro corrisposto a seguito delle transazioni.
Infondata ed indimostrata, oltre che del tutto generica, l’affermazione secondo la quale l’inerzia del comune avrebbe dato luogo ad un eccessivo incremento degli oneri a carico degli attori.
4) Fondatezza nel merito e correttezza criteri di calcolo.
Come sopra già detto, in data 8.5.2006, l’Amministrazione Comunale comunicava che la Giunta, con delibera n. 559 del 4 maggio, a modifica delle precedenti deliberazioni, aveva stabilito termini più lunghi per il pagamento degli importi dovuti per i maggiori oneri espropriativi, intimando nel contempo, di pagare al Comune di Parma la maggior somma “relativa alla quota parte dei maggiori oneri di esproprio delle aree di proprietà dell’impresa M.”, secondo quanto si desume dall’allegato prospetto di riparto dei maggiori oneri di esproprio (doc. n. 5 fasc. convenuto).
Il principio dell’integrale copertura dei costi di acquisto delle aree, che la legge impone all’Ente, obbligava quest’ultimo al loro recupero nei confronti degli assegnatari dei lotti, presupponendo una acquisizione avvenuta nel rispetto della procedura espropriativa prevista dalla legge.
In altri termini, il Comune fungeva da “anello di passaggio” e garante dell’attuazione dei programmi di edilizia residenziale e produttiva (e, dunque, per definizione soggetto neutro), avente diritto alla restituzione dei costi di acquisizione delle aree: l’espressione normativa per cui “la convenzione deve prevedere il corrispettivo della concessione in misura pari al costo di acquisizione delle aree” si intende nel senso di una consequenzialità necessaria del corrispettivo di concessione agli oneri di acquisizione, e di una incondizionata reversibilità del prezzo, pagato dal Comune, sul concessionario del diritto di superficie o del diritto di proprietà (così Trib.Parma, sez. II, 30 aprile 2012 in causa C. e Comune Parma).
In proposito, nella sottoscritta convenzione, in modo inequivoco il prezzo effettivo della vendita era stato correlato a vicende legate alla procedura espropriativa, cioè, appunto, al conguaglio che il Comune avrebbe versato agli originari proprietari dei terreni. Si legge, infatti, l’esplicito impegno di “parte acquirente” a “rimborsare pro quota al Comune l’eventuale conguaglio che lo stesso dovrà versare ai precedenti proprietari delle aree P.., secondo quanto sarà stabilito nella nuova legge sulle espropriazioni per pubblica utilità e secondo quanto previsto dall’art.1 della L.29 luglio 1980 n.385 …”.
Ne discende, quindi, non soltanto il sorgere dell’obbligo al versamento del conguaglio in capo agli attori a fronte della corresponsione di (ulteriori) somme in favore degli originari proprietari, ma anche l’impossibilità, nel presente giudizio, di modificare a posteriori l’importo versato e, poi, ripartito fra i vari assegnatari.
Si ritiene sul punto l’irrilevanza dell’espletata consulenza tecnica, che giammai avrebbe potuto portare ad una modifica dell’importo del conguaglio a carico della società, da calcolare, a termini di convenzione, su quanto versato dal Comune (come visto a seguito degli accertamenti giudiziali e delle successive transazioni).
Si richiamano sul punto le conclusioni espresse dall’intestato Tribunale in altra pronuncia che, riguardo all’espletata CTU in corso di causa, ha appunto affermato sia l’obbligo al versamento del conguaglio da parte attrice a fronte della corresponsione di (ulteriori) somme in favore degli originari proprietari, che l’impossibilità, in corso di giudizio, di modificare a posteriori l’importo versato e, poi, ripartito fra gli assegnatari (cfr. sent. n. 985 del 3.7.2012).
Nella fattispecie, del resto, la difesa attrice lungi dall’evidenziare specifici errori nelle somme prese a base per i calcoli, ovvero nei calcoli stessi, si è limitata ad evidenziare una discordanza fra la somma richiesta con la prima raccomandata del 6.4.2006 rispetto a quella intimata con la seconda comunicazione del 8.5.2006, sostenendo che le somme richieste sarebbero arbitrarie (cfr. pag. 32 atto introduttivo).
L’assunto non può essere condiviso.
Come dedotto dal convenuto (e non contestato dagli attori), nel febbraio 2006 l’Amministrazione aveva affidato ad A. le attività tecniche amministrative e gestionali per il recupero dei maggiori oneri espropriativi nei Pe nei P.
A pochi giorni di distanza, pur non avendo ancora i criteri generali e di riferimento, né le tabelle di calcolo, né l’effettiva ripartizione degli oneri tra gli assegnatari (elaborati che A. produrrà solo successivamente in data 29.03.2006 come si evince dalla stessa delibera 429/2006 del 3.4.2006), l’Amministrazione inviava a tutti gli assegnatari dei lotti PIP, ivi compresi gli attori, la missiva 10 marzo 2006 a firma dell’Assessore alle Politiche Abitative ed al patrimonio immobiliare (doc.6 convenuto) mediante la quale si informavano tutti gli assegnatari dell’intenzione dell’Amministrazione di procedere al recupero del conguaglio dei maggiori oneri di esproprio sostenuti, invitandoli a richiedere maggiori informazioni presso l’ufficio A. di Parma.
In seguito, dopo che quest’ultima aveva individuato i parametri, con la nota delibera di Giunta n. 429 del 03.04.2006, l’Amministrazione deliberava:
– di prendere atto dei criteri di determinazione del riparto dei maggiori oneri espropriativi sostenuti per l’acquisizione delle aree del PC. e di approvare in conseguenza la ripartizione dei maggiori oneri espropriativi tra gli assegnatari come individuata negli allegati A, B e C formanti parte integrante e sostanziale della deliberazione;
– di stabilire che l’intimazione di pagamento dell’importo dovuto fosse preceduta dalla notifica in cui si comunichi all’interessato la possibilità di prendere visione degl i atti e della documentazione a corredo a dimostrazione del quantum da pagare concedendo un congruo termine per il versamento e la previsione di una possibile rateizzazione dell’importo su richiesta degli interessati.
Il 6 aprile 2006 il dirigente del Servizio Gestione Patrimonio del Comune di Parma, Ing. B., inviava agli attori una missiva (doc.7 fasc. convenuto) con la quale li informava della decisione assunta con delibera n. 429 allegando la tabella del riparto dei maggiori oneri espropriativi, e comunicando espressamente “la possibilità di prendere visione degli atti e della documentazione correlata” (facoltà della quale non si sono avvalsi gli attori).
Seguivano (circostanza non contestata) numerosi incontri con gli interessati e con le associazioni di categoria dalle quali scaturiva l’ulteriore differimento del termine per il pagamento al 31 ottobre 2006 e l’intimazione al pagamento della somma di € 27.803,79; le ragioni del ricalcolo sono illustrate nell’allegato B alla delibera 559/06, ovvero la nota A. del 3 maggio 2006.
Va, pertanto, escluso che i criteri utilizzati dal Comune per operare il riparto degli oneri tra i singoli assegnatari dei lotti siano stati sconosciuti o arbitrari, essendo quelli riportati dalla delibera della G.C. n. 429/28 del 3.4.2006 con i relativi allegati A, B, C come modificati dalla delibera G.C. n. 559/35 del 4.5.2006 e relativi allegati B (e C1 e C2 per i P.. di e D1 e D2 per i P.. C.) regolarmente pubblicata nelle forme di legge la cui legittimità non è mai stata contestata dagli odierni attori nelle competenti sedi.
Come risulta dall’Allegato A alla delibera 429/2006 sono stati analizzati i rogiti, le sentenze e gli accordi stragiudiziali dai quali risultano tratti gli importi corrisposti dal Comune per l’acquisizione dei terreni.
Trattandosi di confrontare somme versate in epoche diverse si è reso peraltro necessario riportarle tutte quante all’attualità (febbraio 2006) ed a tale scopo risulta utilizzato il coefficiente di rivalutazione ISTAT.
La somma degli importi (aggiornati) costituisce il corrispettivo versato dall’Ente per l’acquisizione delle aree P(a titolo di acconto, indennità coltivatori e conguagli risultanti dai rogiti e dalle delibere di pagamento).
Analogamente, dall’esame dei rogiti originariamente stipulati con gli assegnatari dei lotti, veniva individuato l’importo di cessione delle singole aree e la potenzialità edificatoria rappresentante dalla superficie utile concessa, rapportati all’attualità utilizzando i medesimi coefficienti Istat.
La somma di tutti gli importi aggiornati costituisce il corrispettivo già versato al comune dagli assegnatari per le aree P.
La differenza tra il corrispettivo versato dal Comune per acquisire i terreni e quello percepito dai privati, per la cessione dei lotti, rappresenta l’importo complessivo di conguaglio, in seguito ripartito tra gli assegnatari in proporzione alla superficie utile concessa “criterio indubbiamente corretto in quanto corrispondente al valore patrimoniale del bene inteso come sua potenzialità edificatoria …” (così ancora la cit. sentenza di questo Tribunale 30.4.2012).
Non è condivisibile, quindi, l’assunto – in conclusionale – della difesa attrice secondo il quale essendosi gli attori obbligati a pagare una somma pari all’indennità di esproprio che si doveva determinare (per legge e per contratto) in base al valore venale della superficie di area assoggettata a vincolo espropriativo, avrebbe errato il Comune ad utilizzare “il criterio della “capacità edificatoria” (desumibile dall’inserimento, nei parametri valutativi, della Superficie Utile realizzata) …”, atteso che i corrispettivi in un primo momento richiesti sono stati corretti con la citata delibera n. 559/2006 e comunicati a tutti gli assegnatari.
L’applicazione dei coefficienti Istat non ha peraltro creato alcun maggior esborso da parte degli assegnatari poiché l’amministrazione ha provveduto a rivalutare tutte le somme, anche quelle versate agli acquirenti a titolo di indennità provvisoria in sede di rogito.
Il tempo decorso da quando l’Ente poteva far valere il proprio diritto, che ricordiamo è stato quello in cui lo stesso ha versato le somme agli originari proprietari, non risulta essere andato a discapito degli assegnatari in quanto alle somme pagate il Comune non ha applicato interessi, né legali, né di mora, per cui – come evidenziato dalla difesa convenuta – il “ritardo” dell’amministrazione nel richiedere le somme corrisposte si è sostanzialmente rivelato in un vantaggio per gli assegnatari, avendo gli stessi trattenuto nel loro patrimonio una somma che avrebbero dovuto corrispondere già da molti anni.
Relativamente alla ricomprensione nella somma a conguaglio anche di rivalutazione, interessi e spese, si legge nella citata sentenza di questo Tribunale (30.4.2012) che si richiama e si condivide “è poi pacifico secondo i principi generali che regolano le obbligazioni che la determinazione del conguaglio del prezzo debba essere comprensivo di spese, interessi e rivalutazione, essendo d’altra parte pacifico che anche quanto pagato a titolo di acconto è stato oggetto di analogo trattamento”. Pertanto, alla luce di tali considerazioni, le domande degli attori vanno rigettate, con condanna di questi ultimi al pagamento, nei confronti dell’ente convenuto, della quota parte dei maggiori oneri relativi al lotto di terreno acquistato e sostenuti dall’Amministrazione comunale per l’attuazione dei PIP nella misura intimata pari ad € 27.803,79, con interessi legali dalla domanda al saldo effettivo.
5) Domanda di rimborso svolta dagli attori nei confronti dei convenuti M. e V..
Giova osservare, riguardo all’eccezione di nullità per indeterminatezza della domanda formulata da M. V., che secondo la giurisprudenza maggioritaria, “è nulla la citazione per omessa determinazione dell’oggetto della domanda, ex art. 163 c.p.c., allorquando il petitum, inteso sotto il profilo formale come provvedimento giurisdizionale richiesto e sotto l’aspetto sostanziale come bene della vita di cui si domanda il riconoscimento, risulti del tutto omesso o assolutamente incerto. Tale ipotesi non ricorre quando la individuazione del petitum così inteso sia comunque possibile attraverso un esame complessivo dell’atto introduttivo del giudizio, esteso non solo alla parte di esso destinata a contenere le conclusioni, ma anche alla parte espositiva” (cfr. .ex multis Trib. Bari Sez. III Sent., 24-11-2008); con la conseguenza che “non vi è indeterminatezza della domanda se siano state individuate, in modo chiaro, sia le ragioni della stessa, sia la tipologia di danni di cui si è voluto domandare il ristoro, a nulla rilevando la circostanza che questi ultimi non siano stati espressamente quantificati” (cfr. App. Firenze Sez. II, 20-05-2015).
Nel caso di specie, dalla lettura complessiva dell’atto di citazione chiaramente si evince che gli attori chiedono il rimborso delle somme da questi dovute al Comune in ragione dei maggiori oneri sostenuti dall’ente per l’attuazione dei P.., di guisa che l’eccezione di nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto formulata dal convenuto M. va rigettata. Si sottolinea, infatti, che sebbene non sia stata indicata l’estensione della porzione di terreno venduta dalla società M. G. al M., la stessa si ricava agilmente mediante i riferimenti catastali riportati nell’atto di compravendita in atti (cfr. doc. n. 11 fasc. attoreo).
Non appare, altresì, fondata l’eccezione di inopponibilità al convenuto V. G. degli oneri pretesi in quanto conseguenza di un accordo privato e non dell’applicazione della legge n. 385/80, atteso che nell’atto di compravendita stipulato con l’impresa M. in atti espressamente si legge che l’immobile viene compravenduto “con gli obblighi, oneri e diritti risultanti dall’atto di provenienza che l’acquirente dichiara di ben conoscere ed accettare per averne prima d’ora presa visione” (cfr. doc. n. 12 fasc. attori).
Si ricordi, al riguardo, che le regole che disciplinano l’interpretazione degli atti negoziali privilegiano quella letterale delle clausole nella reciproca integrazione e così complessivamente, per il principio secondo il quale il giudice non può sovrapporre la propria volontà interpretativa laddove quella chiara ed univoca dei contraenti già si ricavi dal testo della scrittura (cfr., fra le tante, App. Genova Sez. III, 20-05-2006 ); invero, più di recente, la Suprema Corte ha affermato che “poiché i canoni legali di ermeneutica contrattuale sono governati da un principio di gerarchia, il criterio fondato sul significato letterale delle parole (art. 1362, comma 1, cod. civ.) prevale non solo su quelli c.c..dd. interpretativi-integrativi (artt. 1366-1371 cod. civ.) ma anche sugli altri canoni strettamente interpretativi (artt. 1362-1365 cod. civ.). Pertanto, quando il criterio letterale è sufficiente, l’operazione ermeneutica deve ritenersi conclusa (…)” (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 29-11-2011, n. 25270). Conclusivamente, in ragione delle disposizioni di cui alle clausole contenute nei rispettivi atti d’acquisto come sopra richiamate, va accolta la domanda formulata dagli attori nei confronti dei convenuti V. e M., di guisa che gli stessi sono tenuti a corrispondere, pro quota, a S. e M. le somme dovute da questi ultimi al Comune, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
Le spese di giudizio, liquidate in relazione al valore della causa come da dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste, nei rapporti fra il Comune ed attori, a carico di questi ultimi, mentre nei rapporti fra i convenuti M. e V. e gli attori, a carico dei primi; le spese di ctu, liquidate come in atti, sono da porsi definitivamente a carico degli attori e dei convenuti V. e M. in solido
P.Q.M.

Il Tribunale di Parma, ogni altra contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, definitivamente pronunciando nella controversia iscritta al n. R.G. /06, così provvede:
1. condanna gli attori in solido a corrispondere al Comune di Parma la quota parte dei maggiori oneri relativi al lotto di terreno acquistato e sostenuti dall’Amministrazione comunale per l’attuazione dei Pnella misura intimata pari ad € 27.803,79, con interessi legali dalla domanda al saldo effettivo;
2. condanna i convenuti V. G. e M. V. a corrispondere, pro quota, agli attori le somme dovute da questi ultimi al Comune, oltre interessi legali dalla domanda al saldo ;
3. condanna gli attori al pagamento delle spese processuali in favore del Comune di Parma che liquida in € 5.000,00 per competenze professionali oltre a spese generali, IVA e CPA;
4. condanna i convenuti M. e V. al pagamento, in solido, delle spese di lite nei confronti degli attori, liquidate in euro 4.000,00 ed euro 340,00 per esborsi, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge;
5. pone in via definitiva a carico degli attori e dei convenuti M. e V. le spese di consulenza, liquidate come in atti.
Parma, 22.7.2016.
Il Giudice
Dott.ssa Rada V. Scifo

VUOI CONSULTARE TUTTE LE SENTENZE
DEL TUO TRIBUNALE?

logo-grande

Rimani sempre aggiornato sui nostri articoli e prodotti
Mostra altro

staff

Redazione interna sito web giuridica.net

Articoli correlati

Lascia un commento

Back to top button