Sentenze

Tribunale Ordinario di Verona – Sentenza n. 1459/2015 del 4.06.2015 (Dott.ssa Bissoli)

Azione di condanna al rilascio del fondo per altri motivi

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di VERONA

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Simona Bissoli ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 10000486/2011 promossa da:
M. P. C.F. con il patrocinio dell’avv. L. L., con elezione di domicilio in LEGNAGO presso e nello studio dell’avv. L. L.

ATTORE

contro

B. D. & FIGLI SNC (C.F. ) con il patrocinio degli avv. S. A. D. e, con elezione di domicilio in VERONA presso e nello studio dell’avv. S. A. D.;

CONVENUTO

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come dai rispettivi atti introduttivi.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

– rilevato che il novellato art. 132 c.p.c. esonera il giudice dal redigere lo svolgimento del processo;
– ritenuta la legittimità processuale della motivazione c.d. per relationem (cfr., da ultimo, Cass. 3636/07), la cui ammissibilità
– così come quella delle forme di motivazione c.d. indiretta – risulta oramai definitivamente codificata dall’art.16 del d.lgs 5/03, recettivo degli orientamenti giurisprudenziali ricordati;

– osservato che per consolidata giurisprudenza della S.C. il giudice, nel motivare è concisamente la sentenza secondo i dettami di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c., non è affatto tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le quaestiones sollevate dalle parti, ben potendosi egli limitare alla trattazione delle sole questioni – di fatto e di diritto

– rilevanti ai fini della decisione concretamente adottata ( si veda Cass. civile , sez. III, 27 luglio 2006, n. 17145 per cui “la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132 n. 4 c.p.c., e l’osservanza degli art. 115 e 116, c.p.c., non richiedono che il giudice di merito dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito”;

– rilevato pertanto che, in effetti, le questioni non trattate non andranno necessariamente ritenute come “omesse” (per l’effetto dell’error in procedendo), ben potendo esse risultare semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante;

– richiamato il contenuto assertivo dell’atto di citazione con cui l’attore P. M., nella sua qualità di coltivatore diretto proprietario di terreno in confine, esercitava azione di riscatto sul fondo confinante compravenduto senza il rispetto del diritto di prelazione agraria di cui agli artt. 8 l. 590/65 e 7 l. 817/71, offrendo il pagamento del prezzo pari ad € 120.000,00;

– richiamato il contenuto impeditivo della comparsa di risposta della convenuta costituitasi alla prima udienza istruttoria, con cui contestava unicamente la mancata prova dell’omessa denuntiato da parte dell’alienante;

tutto ciò premesso si osserva quanto segue:

La domanda formulata da parte attrice va accolta sussitendone tutti i requisiti richiesti dagli artt. 8 l. 590/65 e 7 l. 817/71 i quali prevedono espressamente che al confinante competa la prelazione sui fondi limitrofi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti.

Precisamente l’art.8 della legge 590/65 dispone che “In caso di trasferimento a titolo oneroso di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, … l’affittuario, … a parità di condizioni, ha diritto di prelazione purché coltivi il fondo stesso da almeno due anni, non abbia venduto nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire 1000, ed il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia … e l’art. 7 legge 817 / 71 che, detto diritto di prelazione, con le modifiche previste nella presente legge spetta anche …. al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con quelli offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti..“.

Nella fattispecie in esame l’odierno attore ha fornito prova di possedere tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti per legittimamente esercitare il diritto di prelazione (la qualità di coltivatore diretto, di proprietario dei fondi confinanti che coltiva direttamente da oltre due anni e l’assenza di vendita di fondi rustici nei due anni precedenti all’esercizio del diritto di prelazione per cui è causa e la capacità lavorativa); mentre non si ritengono soddisfatti i presupposti necessari per contrastare l’operatività del predetto art. 7, ossia la presenza, sul fondo riscattato, di un affittuario coltivatore diretto che escluderebbe in radice la prelazione del confinante.

Tale ultima circostanza non è risultata provata, poiché si ritiene che la sola menzione, nel contratto di compravendita, del contratto d’affitto con il signor M.N., non valga da sola a soddisfare i requisiti richiesti per escludere la prelazione del confinante.

La ratio della legge è infatti chiaramente quella di favorire l’accesso alla proprietà fondiaria in capo al coltivatore della terra e di favorire altresì l’ampliamento e l’accorpamento fondiario delle imprese dirette coltivatrici, per cui appare di primario rilievo che risulti un effettivo svolgimento dell’attività agricola in modo stabile e continuativo.

Dalla lettura degli atti, dei documenti e delle risultanze istruttorie nel loro complesso invece emerge che:

– il signor M.N. non è un coltivatore diretto: non viene infatti mai qualificato come tale in atto notarile, non risulta dal certificato camerale prodotto e non è circostanza di cui l’odierno convenuto abbia fornito alcuna prova; anzi al contrario, dalle risultanze istruttorie è emerso che il signor M.N. esercitava la libera professione e che il fondo per cui è causa era in realtà coltivato da tale B. L. (si vedano i testi S.F. e P. V.);

– il contratto di affitto stagionale, corrente da 11 aprile a 31 dicembre 2010, risulta esser stato stipulato soltanto due giorni prima della stipula del contratto di compravendita e non appare pertanto indicativo di quello stabile ed effettivo preinsediamento sul fondo quale è quello cui si riferisce la norma.

A tale ultimo riguardo la giurisprudenza costante chiarisce infatti che, per escludere la prelazione del confinante, l’affittuario coltivatore diretto deve comunque fruire di un contratto preesistente da tempo e con prospettazione di lunga durata: “l’insediamento, sul fondo in vendita, di un coltivatore diretto è ostativo al sorgere del diritto di prelazione del coltivatore diretto proprietario di un terreno confinante solo allorché tale insediamento sia legittimo, non sia precario (cioè provvisorio) e sia caratterizzato dalla stabilità… ” ( Cass. n. 2894/1999) e più specificamente la Cass. civ. del 12/03/2013, n. 6122 dichiara che “ai sensi dell’art. 7 l. 14 agosto 1971 n. 817, il dato della coltivazione del fondo deve sussistere non solo in termini di attualità, ma anche di prospettiva futura, per porsi tanto quale elemento costitutivo del diritto di prelazione agraria esercitabile dall’affittuario coltivatore diretto e dal mezzadro, quanto come elemento ostativo al diritto di prelazione spettante, invece, al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con il fondo offerto in vendita. Ne consegue che il diritto di prelazione spettante a tale secondo soggetto non è impedito dall’insediamento di un affittuario sul fondo, allorché esso sia privo del carattere di stabilità, ovvero non sia preordinato alla prosecuzione, da parte del suddetto affittuario, dell’attività di coltivazione esistente al momento della stipula dell’atto di acquisto, evenienza – quest’ultima – cui deve essere ricondotta anche una preordinata combinazione negoziale comportante, poco tempo dopo la stipulazione, il subentro nella detenzione del bene da parte di terzi non aventi alcun diritto, con evidente finalità elusiva (e quindi in frode alla citata disposizione di legge) della prelazione del confinante.

La complessiva istruttoria svolta ha invece fornito prova della sussistenza in capo al signor P. M. dei requisiti necessari per l’esercizio del riscatto ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 8 l. 590/65 e 7 l. 817/71 atteso che:

– la qualifica di coltivatore diretto del P. M. emerge sia dalla documentazione prodotta (certificato camerale, fascicolo aziendale, libretto di controllo di Avepa, dichiarazione dei redditi; attestato di iscrizione all’Inps), sia dalle risultanze dell’istruttoria testimoniale (si veda testi R. L. e B. R.);

– la proprietà dei terreni confinanti e la confinanza tra fondi: è pacifico che l’attore P. M. è proprietario dei terreni confinanti (v. atti notarili prodotti e certificato catastale), la cui contiguità con il terreno oggetto di riscatto è stata invece accertata dal CTU geom. Luisa B., la quale ha altresì accertato che la canaletta che corre lungo il confine non è demaniale né consorziale e pertanto non elide il requisito della confinanza tra i fondi;

la pregressa conduzione diretta, almeno biennale dei terreni confinanti in capo a P. M. è stata confermata dalle dichiarazioni testimoniali del teste S. F. che, alla domanda dichiara di aver sempre visto il signor P. coltivare i terreni oggetto di causa e di averlo sempre visto utilizzare e condurre personalmente i mezzi agricoli per le lavorazioni;

– la mancata vendita di fondi nel biennio precedente è stata dimostrata con il deposito dell’ispezione ipotecaria dell’Agenzia del Territorio di Verona, da cui non emerge alcuna vendita di alcun tipo effettuata dal signor P.;

– la capacità lavorativa a norma dell’art. 8 L. 590/65 è stata accertata dal CTU dott. Barbieri che conclude “P. M. possiede la piena capacità lavorativa per condurre il fondo complessivamente costituito dal pre-posseduto+quello oggetto di riscatto essendo la superficie di ha 5.75.42 data dal preposseduto + il retrattato inferiore agli ha 76 conducibili e ciò anche considerato singolarmente, gode di idonea capacità lavorativa essendo 626,313 giornate ampiamente inferiori alle 840 giornate, considerate le massime esprimibili”.

Tutto ciò premesso e considerato la soccombenza condanna ai sensi dell’art. 91 c.p.c. la parte convenuta al pagamento delle spese di lite come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

ACCOGLIE la domanda di parte attrice e per l’effetto dispone:

– il trasferimento della proprietà del fondo rustico oggetto di riscatto (distinto al C.T. del Comune di Salizzole al fg. 21 m.n. 164 di ha 0.34.00 + ha 0.22.55; al m.n. 299 di ha 0.39.49; fabbricato adibito ad abitazione e corte esclusiva di cui al Catasto Fabbricati di Salizzole al fg. 21 m.n. 338 e CT di Salizzole fg. 21 m.n. 338 di ha 0.03.80) dalla B. D. & Figli s.n.c. con sede in Salizzole in via Albero n. 21 p.iva 02235250236 al signor P. M. C.F.

– la corresponsione del prezzo di € 120.000,00 da parte di P. M. alla B. D. & Figli s.n.c. ai sensi della l. 2/1979;

CONDANNA altresì la parte convenuta B. D. & Figli s.n.c. a rimborsare alla parte attrice P. M. le spese di lite, che si liquidano in complessivi € 14.238,28 di cui € 13.430,00 per compensi, oltre i.v.a., c.p.a. e 12,50% per spese generali.

MANDA al Direttore dell’Agenzia del Territorio di eseguire, con esonero da ogni responsabilità, la trascrizione della presente sentenza;

Verona, 22 maggio 2015

Il Giudice

dott. Simona Bissoli

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