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Corte Costituzionale: sproporzionata la pena minima di 8 anni per stupefacenti

Prevedere una pena di otto anni per i reati non lievi legati al mondo degli stupefacenti è sintomo di sproporzionalità. Questo è il giudizio espresso dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 40/2019. Si è dichiarato illegittimo l’art. 73, I comma, del Testo unico sugli stupefacenti (d.P.R. n. 309 del 1990) nella parte in cui si prevede un minimo di pena edittale con reclusione a otto anni invece di sei. Non è stato contestato, invece, il massimo di pena fissato a venti anni di reclusione per i fatti più gravi.

La Corte sostiene che la differenza di quattro anni che intercorre tra il minimo di pena previsto per i fatti non lievi (otto anni) e quelli non lievi (quattro anni) costituisce un esempio di anomalia sanzionatoria che entra in contrasto con i principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza espressi dall’art. 3 della Costituzione; senza contare il principio di funzione rieducativa della pena contenuto nell’art. 27.

La rimodulazione della pena precedentemente scelta dal legislatore (ovvero da sei a otto anni) era stata prevista come opzione nei casi che si trovano nel mezzo tra la lievità e la non lievità. I giudici, però, non l’hanno considerata una buona idea, come già successo con sentenza n. 179/2017; in questo caso la Corte aveva fatto pressioni affinché il legislatore risanasse la frattura presente tra le pene previste per i fatti lievi e non, art. 73, I e V comma del d.P.R. 309 del 1990. Un invito che non era stato accolto dal legislatore, e che quindi ha richiesto un intervento più deciso.

Fonte: Corte Costituzionale
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Redazione interna sito web giuridica.net

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