Lavoro e previdenza

Voucher: Cosa cambia con il ddl Sacconi sul lavoro breve

La scorsa settimana il presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi( Energie per l’Italia) ha presentato un disegno di legge, sottoscritto da esponenti di maggioranza e opposizione, che contiene nuove disposizioni in materia di “lavoro breve”. Il ddl vuole essere la risposta alla definitiva abolizione dei voucher. Abbiamo chiesto ad alcuni tra i migliori professionisti in materia cosa ne pensano. L’avvocato Fabiana Menichetti, socio AGI Avvocati Giuslavoristi Italiani – Sezione Veneto, ha risposto alle nostre domande.

Fabiana Menichetti
Avvocato, cosa prevede il ddl che contiene “Disposizioni in materia di lavoro breve, di lavoro  intermittente e di responsabilità solidale tra committente e appaltatore”?
Il ddl mira a colmare il vuoto legislativo successivo all’abolizione dei voucher e ad introdurre una normativa che permetta la regolarizzazione delle prestazioni di breve durata, introducendo, da un lato, l’istituto del “lavoro breve” e disponendo, dall’altro lato, la semplificazione dei contratti di lavoro intermittente.
Si punta poi a disciplinare nuovamente il tema della responsabilità solidale negli appalti prevedendo, in ragione dell’intervenuta abolizione del beneficio della previa escussione del datore di lavoro, una serie di “temperamenti” alle norme che prevedono la responsabilità solidale del Committente nel biennio successivo alla cessazione dell’appalto per il mancato pagamento di importi aventi carattere retributivo e/o contributivo. In particolare: si stabilisce il venir meno della responsabilità solidale del Committente nel caso in cui questi adempia a specifici obblighi di controllo e di verifica documentale prescritti con decreto del Ministero del lavoro, con facoltà di sospendere il pagamento del corrispettivo all’appaltatore fino all’esibizione della predetta documentazione da parte di quest’ultimo; è riconosciuta inoltre al Committente la facoltà di assumere verso il creditore il debito oggetto della responsabilità solidale e compensare, con effetto liberatorio, tale debito con il credito derivante dal corrispettivo di appalto o subappalto.
Il ddl Sacconi troverà l’accordo delle parti sociali, in particolare della CGIL che si prepara a una consultazione popolare?
A mio avviso sarà difficile che il ddl trovi l’accordo della CGIL, considerato che la proposta pare lontana dai principi generali della “Carta dei diritti universali del lavoro” della CGIL, ed in particolare dal disposto degli artt. 80 e 81 della che disciplinano il lavoro subordinato occasionale.
Mentre, infatti, il ddl Sacconi ha, sulla carta, un ambito di operatività amplissimo sia per quanto riguarda i settori coinvolti – fatta eccezione per gli appalti di opere e servizi dei cantieri edili – sia per quanto riguarda la platea dei lavoratori, le disposizioni della Carta dei diritti della CGIL limitano lo svolgimento del lavoro occasionale ad alcune specifiche attività (piccoli lavori di tipo domestico familiare, piccoli lavori di giardinaggio, assistenza domiciliare occasionale ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap; realizzazione da parte di privati di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli di piccola entità) e ad alcune ben individuate categorie di soggetti (studenti, disoccupati, pensionati).
Lo stesso discorso può farsi, a mio avviso, per quanto riguarda la responsabilità solidale negli appalti: in questo momento, dopo l’abolizione del beneficio della previa escussione del datore di lavoro, il lavoratore ha la garanzia che se il proprio datore di lavoro (appaltatore o subappaltatore che sia) omette di versargli retribuzione e/o contributi, sarà il Committente a dover effettuare il pagamento, senza poter opporre particolari eccezioni.
Pertanto, credo che le organizzazioni sindacali non avvalleranno l’iniziativa legislativa dell’ex Ministro del Lavoro.
Nel ddl Si parla di “due vie complementari” Lavoro breve e lavoro intermittente liberalizzato. Cosa sono e quali sono le migliorie che dovrebbero apportare nel mondo del lavoro?
Come le dicevo, i due istituti hanno entrambi lo scopo di regolarizzare tutta una serie di rapporti lavorativi che altrimenti continuerebbero a rimanere privi di regolamentazione giuridica, e quindi di tutele.
Nello specifico, per “lavoro breve” si intendono tutte le prestazioni che, per ciascun committente, danno luogo a compensi non superiori a 900,00 euro in un anno; laddove il prestatore sia beneficiario di sussidi pubblici il compenso non potrà superare con più committenti la soglia di 2.000,00 euro.
La definizione adottata prescinde quindi dalla qualificazione, autonoma o subordinata, della prestazione ed è riferita solo alla misura dei compensi annuali.
La semplicità del meccanismo introdotto con il lavoro breve è data anche dal carattere “virtuale” della gestione del rapporto di lavoro (iscrizione e comunicazione telematica su idonea piattaforma INPS dei dati del lavoratore, del luogo, del giorno e dell’orario della prestazione; contestuale accreditamento in misura ridotta dei contributi previdenziali e assicurativi) e dalle modalità di pagamento diretto del compenso da parte del committente, che consentono la piena tracciabilità di ogni prestazione.
Semplicità della gestione del rapporto ed allargamento della platea dei soggetti interessati sono anche i punti chiave della riforma sul lavoro intermittente, che mira a slegare detta tipologia lavorativa dai limiti sanciti dalla contrattazione collettiva e dall’età dei lavoratori interessati.
Per il resto, il “nuovo” lavoro intermittente è identico al passato, esso è infatti ammesso, con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, per ciascun prestatore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari, superato il quale il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Il ddl stabilisce inoltre che nei periodi di mancata fruizione della prestazione, il prestatore non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate (spettandogli in tal caso la c.d. indennità di disponibilità) e che le norme in questione non si applicano ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

Rimani sempre aggiornato sui nostri articoli e prodotti
Mostra altro

Stefania Di Ceglie

Giornalista

Articoli correlati

Lascia un commento

Back to top button