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Solidarietà post coniugale – Tribunale di Trento, sentenza n. 83/2018, giudice Barbato

DIVORZIO – DOVEROSITÀ DELLA PRESTAZIONE PECUNIARIA – PUBBLICI SUSSIDI
È da escludere che la doverosità della prestazione pecuniaria, in tema di solidarietà post-coniugale, possa venir meno per il solo fatto che l’ex coniuge non economicamente autosufficiente usufruisca di pubblici sussidi, i quali, di contro, dovrebbero venire in rilievo, con riguardo a fattispecie come quella in esame, soltanto in caso di assoluta o parziale inadeguatezza delle condizioni patrimoniali anche dell’altro coniuge divorziato.

CASSAZIONE 20488/2018
CASSAZIONE – SOLIDARIETÀ POST CONIUGALE – ONERE DELLA PROVA – RIGETTO
In tema di solidarietà post coniugale, il coniuge separato comodatario, non autosufficiente, che opponga alla richiesta di rilascio dell’immobile l’esistenza di un comodato di casa familiare con scadenza non prefissata, ha l’onere di provare la pattuizione attributiva del diritto di godimento.

ARTICOLO 156 CODICE CIVILE: «Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri».


TESTO INTEGRALE

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di TRENTO
SEZIONE CIVILE

Il Tribunale di Trento, sezione civile, composto dai seguenti magistrati:

dott. Roberto Beghini – Presidente
dott. Giuseppe Barbato – Giudice rel.
dott. ssa Giuliana Segna – Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento civile iscritto al n. 1222/15 del ruolo generale degli affari contenziosi civili promosso con ricorso depositato in data 7.4.2015

M. F., residente in T., via S. n 8 rappresentato e difeso dall’avv. F. F.

RICORRENTE

CONTRO

B. G., domiciliata in Trento rappresentata e difesa dall’avv. G. V.

CONVENUTA

Con l’intervento del Pubblico Ministero

OGGETTO: cessazione degli effetti civili del matrimonio

CONCLUSIONI

Le parti concludono come in atti, anche in via Istruttoria Il P.M. così conclude: “Pronunciare sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio con conferma dei pregressi provvedimenti patrimoniali”.

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato in data 7.4.2015 – premesso che il aveva contratto matrimonio concordatario con B. G.; che dall’unione sono nati due figli, il M. L. (deceduta il 10.1.1998) e il X M.; che con decreto pubblicato il 28.7.2010 quest’ufficio aveva omologato la sua separazione L. consensuale dalla moglie – M. F. esponeva che dopo tale separazione era cessata ogni convivenza con la moglie; che le sue condizioni, economiche e di salute, non gli consentivano più di far fronte all’assegno di mantenimento pattuito in sede di separazione nell’importo mensile di 800,00; che allo stato non era in grado di versare una somma mensile superiore a 500,00, né di provvedere da solo alle spese di manutenzione straordinaria dell’immobile di proprietà comune.

Il ricorrente concludeva chiedendo di dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio; di quantificare in misura di 500,00 l’assegno divorzile spettante alla moglie; di disporre la ripartizione delle spese di manutenzione straordinaria dell’immobile di proprietà comune in misura proporzionale alle rispettive quote di proprietà, c quindi per 5/6 a suo carico e per 1/6 a carico della B.

Costituitasi in giudizio, B. G., oltre alla declaratoria di divorzio, chiedeva di quantificare l’assegno divorzile nell’importo mensile di 1.100,00 o, in subordine, nella misura pattuita in sede di separazione.

In particolare, la convenuta rappresentava che il marito non le aveva mai versato la somma pari al sesto dei canoni di locazione relativi all’appartamento di proprietà comune; che le sue condizioni di salute erano peggiorate; che non svolgeva alcuna attività lavorativa e non era titolare di pensione; che nel corso della convivenza matrimoniale il marito aveva tenuto nei suoi confronti condotte violenti, oggetto di un procedimento penale poi definito per aver ella rimesso la querela.

La domanda di divorzio è fondata e va, quindi, accolta.

Dalla documentazione in atti risulta che la comparizione personale dei coniugi innanzi al Presidente del Tribunale in sede di separazione consensuale è stata effettuata il 7.7.2010 e che il relativo procedimento è stato definito, previa trasformazione del rito da giudiziale in consensuale, con decreto di omologa di questo ufficio pubblicato il successivo 28 luglio.

Il ricorso introduttivo del presente giudizio è stato depositato il 7.4.2015, quindi dopo l’integrale decorrenza del termine previsto ncll’art. 3, 3 co., 1. n. 898/70. poi sostanzialmente incontroverso che la separazione è durata ininterrottamente dall’inizio del relativo procedimento; che non vi è mai stata riconciliazione; e che è impossibile la ricostituzione del consorzio matrimoniale.

Ricorrono, pertanto, i presupposti per dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da M. F. e B. G.

Ai sensi dell’art. 10, 1. n. 898/70 e succ. mod. la copia autentica della presente sentenza va trasmessa al competente U. per le annotazioni e le ulteriori incombenze di cui al R.D. 9/7/1939 n. 1238. Venendo all’esame della dedotta questione patrimoniale relativa all’assegno divorzile, mette conto evidenziare che, stando all’allegato Mod. 730/2016, nell’anno d’imposta 2015 il M. ha percepito un reddito pensionistico di 25.751,00, nonché un ulteriore reddito di 8.493,00 da locazione di una parte della ex casa coniugale, per un totale di 34.244,00, che si riduce a 29.076,00 per effetto della detrazione dell’imposta netta di 4.869,00 e dell’addizionale regionale all’lrpef di 299, 99; il che significa che nel detto anno d’imposta il ricorrente ha usufruito di un’entrata mensile media di circa 2.423,00 (= 29.076,00: 12), con cui ha fatto fronte, oltre alle proprie necessità c alle documentate spese di manutenzione relative all’ex casa coniugale, anche all’assegno di mantenimento in favore della moglie.

La documentazione in atti consente poi di ritenere provato che allo stato il ricorrente si avvale dell’ausilio di una collaboratrice domestica, il che gli comporta una spesa mensile di circa 300,00, che si aggiunge a quelle ordinarie (fra cui gli oneri condominiali e gli esborsi per le varie utenze domestiche). Per quanto, invece, attiene alla B., che, dallo scorso Il maggio è stabilmente inserita presso l’A.P.S.P. “B. de Tscheiderer”, struttura pubblica di accoglienza per anziani, la cui retta mensile è pari a 1.476,00 (pagata per i primi due mesi in parte dal Comune e in parte dalla stessa convenuta, come si desume dalla documentazione depositata in data 11.7.2017), devesi rilevare in primo luogo che, per quanto consta, è comproprietaria con il ricorrente della ex casa coniugale, per la minoritaria quota indivisa di 1/6, da cui non ritrae alcun reddito e che, di fatto, non è monetizzabile se non con una cessione all’altro comproprietario, essendone di tutta evidenza l’assai scarsa appetibilità sul mercato immobiliare.

Non risulta poi che la convenuta abbia una qualche stabile e continuativa fonte di reddito, tanto meno da attività lavorativa, che non è in grado di svolgere, sia per età (ha 68 anni), sia soprattutto per le documentate precarie condizioni di salute, desumendosi dalla documentazione in atti che è affetta, oltre che da “disturbo bipolare”, in relazione al quale è seguita dal C. di S. Mentale, anche da “ansia, labilità emotiva, instabilità del tono dell’umore, insonnia”, nonché da “ipotirodismo, ipertensione arteriosa, incidentaloma surrenalico destro con caratteristiche di adenoma non funzionante, calcolosi della colecisti, acufeni bilaterali, metalarsalgia piede destro in pianismo bilaterale, disturbo della marcia e discinesie in accertamento (s. ferritinopatia, vasculopatia cerebrale cronica, BPCO)”. Le acquisite risultanze istruttorie provano, dunque, in termini sufficientemente chiari e univoci che allo stato la convenuta è priva di disponibilità patrimoniali in grado di assicurarle un’autosufficienza economica e non è nelle condizioni di procurarseli, sicché può senz’altro beneficiare del richiesto assegno divorzile, anche in base alle indicazioni dettate dal nuovo orientamento giurisprudenziale sull’art. 5, 6 co., 1. n. 898/70 (v. Cass., n 11504/17); e del resto lo stesso ricorrente, sin dall’atto introduttivo e in tutto il corso del giudizio, non ha contestato la fondatezza della pretesa di controparte in punto di an, svolgendo sul punto considerazioni di diverso tenore soltanto negli scritti conclusionali, ove ha sostenuto che, dopo il ricovero nella della struttura, non sarebbe più ravvisabile un’incapacità della moglie di far fronte alle quotidiane esigenze di vita “poiché ogni sua necessità trova tutela nel regime pubblicistico alle persone anziane”, evidenziando, fra l’altro, che ogni spesa necessaria viene, almeno in parte, anticipata dal Comune di Trento, che poi potrà rivalersi sulla quota di proprietà immobiliare intestata alla B.

Al riguardo devesi rilevare, da un lato, che proprio la della anticipazione da parte del Comune costituisce inequivoca conferma che allo stato la B. non dispone di risorse finanziarie con cui far fronte alle proprie ordinarie necessità, ivi compreso il pagamento della retta mensile alla struttura residenziale che la ospita; e dall’altro che comunque l’obbligo pecuniario di cui alla disposizione normativa da ultimo citata “ha fondamento costituzionale nel dovere inderogabile di solidarietà economica (art. 2 in relazione all’art. 23, C.), il cui adempimento è richiesto ad entrambi gli ex coniugi, quali persone singole, a tutela della persona economicamente più debole (cosiddetta solidarietà post-coniugale)” (cosi la citata Cass., n 11504/17), di talché vi è ragione di escludere che la doverosità della prestazione pecuniaria de qua possa venir meno per il solo fatto che l’ex coniuge non economicamente autosufficiente usufruisca di pubblici sussidi, i quali, di contro, dovrebbero venire in rilievo, con riguardo a fattispecie come quella in esame, soltanto in caso di assoluta o parziale inadeguatezza delle condizioni patrimoniali anche dell’altro coniuge divorziato; diversamente opinando, si verrebbe, di fatto, ad anteporre l’intervento pubblico al detto dovere di solidarietà post-coniugale, il che non trova alcun riscontro nelle disposizioni della legge n 898/70. Avuto riguardo ai criteri di cui all’art. 5, 6 co., l.n. 898/70, il collegio stima congruo quantificare l’assegno divorzile dovuto alla convenuta nella somma mensile di 850,00. Il collegio ritiene, infine, di formulare declaratoria di inammissibilità in ordine alla domanda del ricorrente relativa alle spese straordinarie relative all’ex casa coniugale, venendo al riguardo in rilievo questione di natura patrimoniale non integrante il contenuto tipico e necessario del giudizio di divorzio, ad esso estranee per pelitum e causa petendi e neppure connessa alla domanda di divorzio (e a quelle consequenziali alla pronuncia sullo status) in termini tali da rendere necessaria o soltanto opportuna una trattazione congiunta, il che induce a ritenere che la domanda in questione debba essere proposta in separata sede con le forme ordinarie, stante il disposto dell’art. 40 c.p.c., che ha previsto il cumulo nello stesso processo di domande soggette a riti diversi soltanto in presenza delle ipotesi qualificate di connessione di cui agli arti, 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c. (non configurabili nel caso di specie), con ciò di fatto escludendo la possibilità di proporre più domande connesse soggettivamente ai sensi dell’art. 33 c.p.c. o dell’art. 104 c.p.c. e soggette ariti diversi (cfr. Cass., n 11828/09; Cass., n 2155/10; Trib. Milano 15.7.2015; Trib. Milano 20.2.2013; Trib. Varese 4.1.2012). Tenuto conto, infine, che la statuizione in ordine all’entità dell’assegno divorzile non risulta esattamente corrispondente alle domande principali di nessuna delle due parti, vi è ragione di compensare integralmente le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando nel giudizio introdotto – con ricorso depositato in data 7.4.2015 – da M. F. nei confronti di B. G., disattesa ogni diversa domanda, istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:
1. dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da M.F. e B.G.;
2. dispone, ai sensi dell’art 10, l.n. 1/12/1970 e succ. mod., che copia autentica della presente sentenza sia trasmessa al competente U. per le annotazioni e le ulteriori incombenze di cui al R.D. 9/7/1939 n. 1238;
3. pone a carico del ricorrente l’obbligo di versare alla convenuta, entro il giorno 5 di ogni mese, su conto corrente intestato alla stessa, la somma di 850,00 (da rivalutare annualmente secondo gli indici Istat dal dicembre 2018) a titolo di assegno divorzile;
4. compensa le spese di lite tra le parti.

Così deciso in Trento nella Camera di Consiglio in data 18.12.2017

Il giudice est. – dr. Giuseppe Barbato
Il presidente – dr. Roberto Beghini

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