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Gomorra, la serie: educativa o racconto pericoloso?

Esce la terza stagione della serie tv Gomorra e, come di consueto, non mancano i pareri contrastanti.
Questa volta a parlare è Giuseppe Borrelli, coordinatore della Dda di Napoli: «La serie televisiva offre una rappresentazione folkloristica dei clan, una rappresentazione pericolosa perché distoglie l’attenzione dall’attuale configurazione delle camorra». Un punto di vista molto severo, se vogliamo, ma che viene chiarito poco dopo: «Forse sarebbe meglio parlare di rappresentazione parziale. Volevo dire che la fiction televisiva non coglie alcun aspetto della camorra di oggi».
Il coordinatore, comunque, non nega l’alta qualità del prodotto, ma è pur vero che «la vera criminalità organizzata presenta caratteristiche molto sgradite per chi se ne occupa professionalmente. Oggi la camorra ha superato lo stato di contiguità con i ceti professionali, l’imprenditoria, una parte della politica. I clan esprimono una propria classe dirigente di professionisti, imprenditori e politici. E questo rappresenta motivo di preoccupazione. La camorra raccontata in Gomorra è un’entità paradossalmente tranquillizzante, perché consente di differenziarsi». A differenza del passato, infatti, l’organizzazione malavitosa non vuole più infiltrarsi nello Stato, ma contrapporsi e sostituirsi a esso con grande violenza. Quest’ultimo aspetto non sarebbe presente nella serie, e nemmeno nel film Gomorra del 2008 che però «riusciva a descrivere la bestialità di alcuni comportamenti, degli istinti più bassi dei protagonisti».
Quest’ultimo un punto di vista che trova conferma anche in quanto dichiarato dal procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, il quale contesta l’immagine tutto sommato positiva che si dà della criminalità organizzata e l’effetto negativo che questa “simpatia” avrebbe sul pubblico e sulla lotta alle cosche.
A difesa della serie tv decide di scendere in campo Marco D’Amore, uno degli attori di punta di Gomorra: «Guardate i Sopranos, la libertà con cui è stato raccontato quel mondo. La nostra è una fiction, non un documentario. Siamo liberi di raccontare la savana dal punto di vista del leone o della gazzella. E non penso sia sbagliato un modo o l’altro. Però bisogna stare attenti, c’è il rischio di scivolare verso la censura». Un’altra puntualizzazione riguarda la veridicità di quanto raccontato: «Tutto ciò che accade in “Gomorra”, ovviamente sotto il mantello della finzione, viene raccolto dalla realtà, dalle carte processuali, dalla storia che è scritta, quindi non è invenzione».
 

Fonte: Corriere.it
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