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Commento a sentenza: Tribunale di Trento, n. 01/2018

Il caso portato all’attenzione del Tribunale di Trento e deciso con la sentenza n. 1/2018 riguardava un addetto al portierato e controllo accessi di un condominio, il quale chiedeva la condanna della società presso le cui dipendenze aveva lavorato dal 2014 al 2016, al pagamento delle differenze retributive per lavoro supplementare, per lavoro notturno e per lavoro straordinario, nonché il versamento, in favore degli enti gestori delle assicurazioni sociali, dei correlativi contributi e premi.
A chi spetta l’onere della prova nei casi di lavoro “straordinario” (da intendersi in senso lato come lavoro eccedente quello ordinario) non pagato?
È pacifico che l’onere ricada sul lavoratore e sia anche particolarmente rigoroso; invero egli non solo deve dimostrare la sussistenza del rapporto di lavoro con l’azienda e l’orario normale di lavoro pattuito, ma deve altresì provare il numero di ore in cui la sua prestazione lavorativa ha ecceduto il tempo predeterminato nel contratto individuale o nel contratto collettivo nazionale (CCNL) di riferimento.
Secondo una consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (cfr., ex multis, Cass. 14.5.2015, n. 9906; Cass. 12.9.2014, n. 19299; Cass. 16.2.2009, n. 3714; Cass. 9.2.2009, n. 3194;) il lavoratore che agisce per ottenere il compenso per il lavoro svolto in eccedenza all’orario originariamente pattuito a seguito di richiesta formulata dal datore nell’esercizio del potere direttivo e organizzativo, ha l’onere di dimostrare di aver lavorato oltre l’orario normale di lavoro e, ove egli riconosca di aver ricevuto una retribuzione ma ne deduca l’insufficienza, è altresì tenuto a provare il numero di ore effettivamente svolte, con specifico riferimento alla collocazione cronologica delle prestazioni lavorative eccedenti il normale orario di lavoro.
Tale prova può essere fornita mediante registri presenze, testimonianze di altri dipendenti dell’azienda o qualsiasi mezzo idoneo a dimostrare lo svolgimento di attività lavorativa oltre l’orario prestabilito, ma non si può sostituire la prova del lavoratore con il giudizio equitativo del giudice poiché il suo intervento deve essere basato su un diritto del lavoratore certo (cfr. Cass. 14.5.2015, n. 9906).
Nel caso in esame il lavoratore ha compiutamente assolto l’onere probatorio a suo carico mediante la produzione dei prospetti dei turni relativi a quel periodo e da essi è ragionevole inferire, in virtù di una presunzione dotata dei necessari requisiti di gravità, precisione e concordanza ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., che le prestazioni lavorative siano state eseguite in conformità a quegli orari; quindi incombeva sulla società datrice provare che ciò non era avvenuto in virtù o di un nuovo esercizio del potere direttivo e organizzativo o del consenso da essa prestato alle richieste di scambio turni formulate di lavoratori, prova che tuttavia non è stata fornita.

dott.ssa Veronica Foroni

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Veronica Foroni

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Verona, tesi "Il consenso informato ai trattamenti sanitari nei soggetti incapaci tra esigenze di protezione della salute e tutela dell'autodeterminazione", relatore Prof. Riccardo Omodei Salè (110/110). Frequento la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali, Università degli Studi di Trento e Verona. Praticante avvocato e tirocinante presso Tribunale di Verona - III sez. civile (magistrato referente dott. Massimo Vaccari). Appassionata di biodiritto e bioetica, mi interesso dei temi di diritto civile relativi a persone e famiglia (in particolare della tutela dei soggetti incapaci).

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