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Commento a sentenza: Tribunale di Brindisi, n. 363/2018

Nella sentenza n. 363/2018 del Tribunale di Brindisi l’attore si oppone all’ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa e alla contestuale confisca della merce.
Il contenuto di tale sanzione verteva non solo sulla mancanza d’idonea documentazione, attestante la sicurezza dei prodotti rispetto ai canoni disciplinati dal Codice del Consumo, ma anche sulla mancanza di una dichiarazione di conformità rilasciato da un ente certificatore dell’Ue.
Tutto ciò faceva presumere la possibilità che la merce fosse pericolosa, pur essendo, in concreto, abbigliamento e accessori di Soft Air provenienti dalla Cina.
Il punto è ora chiarire quando sia possibile definire un prodotto pericoloso.
L’art. 103 del decreto legislativo 206/2005 procede in negativo, definendo come pericolosi tutti quei prodotti che non rientrino nei canoni della sicurezza.
Urge, quindi, stabilire quando un prodotto sia sicuro, sempre tenendo a mente il succitato articolo: «Qualsiasi prodotto che in condizioni di uso normale non presenti alcun rischio oppure presenti unicamente rischi minimi, compatibili con l’impiego del prodotto e considerati accettabili nell’osservanza di un livello elevato di tutela della salute e della sicurezza delle persone in funzione, in particolare, dei seguenti elementi:

  • caratteristiche del prodotto;
  • effetto del prodotto su altri prodotti;
  • etichettatura del prodotto e suo aspetto formale;
  • attenzione precipua ai consumatori più a rischio, come minori o anziani.»

Ora, preso atto che il prodotto in questione non appare pericoloso in re ipsa, a chi spetta l’onere probatorio? Al distributore spetta l’onere di non fornire prodotti di cui conosce, o dovrebbe conoscere, la pericolosità; a chi contesta, invece, spetta l’onere di dimostrare tale aspetto.
Per il giudice del caso di specie «non era stata fornita nessuna prova decisiva relativa alla pericolosità di tale prodotto, né vi era stata una sua verifica in concreto. Inoltre non sarebbe lecito desumere tout court la pericolosità del prodotto dalla mancanza, peraltro in una fase precedente all’immissione sul mercato, per l’assenza di etichettatura o d’idonea certificazione».
Non esiste, quindi, alcun rischio per il consumatore e l’ingiunzione deve essere revocata.

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Michel Simion

Dottore in Giurisprudenza, Università degli Studi di Verona. Tesi in diritto costituzionale giapponese, appassionato di letteratura asiatica.

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