Sentenze

Tribunale di Ivrea, Sez. Lavoro – Sentenza 2.04.2015 (Dott. M. Buffoni)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI IVREA

SEZ. LAVORO

in composizione monocratica, in persona del Giudice del Lavoro dott. Matteo Buffoni, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa n. 408/2014 R.G. Lav., promossa da F.M., nata a V.R.T. il (…), residente in M. (T.), Via P. n. 15, elettivamente domiciliata in Torino, Corso Francia n. 25 presso lo studio dell’Avv. Anna De Pra, che la rappresenta e difende come da procura a margine del ricorso

– ricorrente-

contro D.I. S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in T.V., Via M.G. n. 17

-convenuta contumace-

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La sig.ra M.F. conveniva in giudizio D.I. s.r.l. esponendo di essere stata assunta da quest’ultima con contratto a tempo determinato full-time con decorrenza dal 15/12/2012 come “commessa” inquadrata al IV livello del C.C.N.L. Commercio – Terziario; la prestazione lavorativa veniva svolta dalla ricorrente presso l’esercizio commerciale di Rivarolo Canavese per il periodo di sei mesi; la sig.ra F. aveva l’obbligo di presentarsi sul posto di lavoro entro le 9.00 e, nel mese di dicembre e fino alla metà di gennaio 2013, svolgeva la propria attività fino alle 20.30 (dal lunedì alla domenica), con pausa pranzo di circa mezz’ora nelle ore centrali; a partire dalla seconda metà di gennaio 2013 e fino alla fine del rapporto di lavoro, la ricorrente svolgeva la propria attività lavorativa mediamente per 10 ore giornaliere su sei giorni a settimana, godendo di un giorno di riposo mai coincidente con il fine settimana; il rapporto di lavoro cessava(…) alla scadenza del termine (cioè il 14/6/2013); in costanza di rapporto alla ricorrente venivano versate in modo parziale solo le mensilità di dicembre 2012 e gennaio 2013; non le venivano corrisposte, invece, l’indennità di maneggio di denaro, le mensilità per il periodo da febbraio a maggio 2013, il rateo di retribuzione per il mese di giugno 2013, i ratei di 13a e 14a mensilità per l’anno 2013 e il TFR; inoltre la componente retributiva del terzo elemento veniva versata in misura inferiore rispetto al dovuto.

Tutto ciò premesso, la sig.ra F. domandava al Giudice di condannare D.I. s.r.l. al pagamento in suo favore della somma netta di Euro 8441,88 per i titoli analiticamente individuati nel conteggi allegati al ricorso, già detratte le somme nette percepite nei mesi di dicembre 2012 e gennaio 2013.

D.I. s.r.l. non si costituiva in giudizio e pertanto veniva dichiarata contumace.

La causa veniva chiamata all’odierna udienza per l’espletamento dell’interrogatorio del legale rappresentante di D.I. s.r.l. e l’escussione di due testi a scelta tra quelli indicati da parte ricorrente.

La domanda della sig.ra F. è fondata.

In tal senso depone la corretta applicazione dei principi che presiedono alla distribuzione tra le parti dell’onere probatorio.

In particolare è decisivo considerare che anche in materia di emolumenti contrattuali, quali quelli rivendicati dalla sig.ra F., trova applicazione il criterio della vicinanza dell’onere probatorio, così come enucleato dalle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione nella nota sentenza n. 13353 del 2001.

Secondo i principi affermati dai giudici di legittimità in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (cfr. la citata Cass., Sez. Un., sentenza n. 13533/2001).

Nel caso di specie la sig.ra F. ha provato l’instaurazione e la successiva concreta attuazione del rapporto di lavoro subordinato intercorso con D.I. s.r.l.: si rimanda alla lettera di assunzione prodotta sub 1 fasc. ricorrente e al listino paga prodotto sub 2, nonché alle deposizioni testimoniali delle sigg.re F.M. e M.B.. Queste ultime, escusse all’odierna udienza, hanno dichiarato di aver lavorato insieme alla ricorrente alle dipendenze di D.I. s.r.l.. Si consideri, infine, che la sig.ra M.T.C. non si è presentata all’udienza fissata per il suo interrogatorio formale, con conseguente applicabilità dell’art. 232, comma 1, c.p.c.

In virtù delle sopra esposte argomentazioni l’onere probatorio gravante sulla ricorrente deve ritenersi ampiamente assolto.

La sig.ra F. ha poi dedotto l’inadempimento del proprio datore di lavoro rispetto all’obbligazione avente ad oggetto la corresponsione degli importi quantificati nei conteggi allegati al ricorso.

Dal canto suo la convenuta, rimanendo contumace, ha omesso di fornire la prova del fatto estintivo del diritto azionato in giudizio, ovverosia il pagamento delle poste monetarie rivendicate dalla sig.ra F..

Da ciò discende la fondatezza della pretesa creditoria della lavoratrice dal punto di vista dell’an.

In relazione al quantum si sottolinea che i conteggi allegali al ricorso, redatti sulla base del contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro de quo (C.C.N.L. Commercio – Terziario), appaiono immuni da vizi (come si evince dal raffronto tra gli stessi conteggi e la busta paga prodotta sub 2) e sono stati notificati – unitamente all’atto introduttivo del presente giudizio – alla convenuta, il cui legale rappresentante non si è presentato non solo all’udienza fissata per l’interrogatorio libero delle parti, ma nemmeno a quella destinata all’espletamento del suo interrogatorio formale.

Per quanto specificamente riguarda le somme richieste a titolo di compenso per lavoro straordinario, nessuna delle due testimoni escusse all’odierna udienza si è rivelata in grado di riferire con precisione l’orario di lavoro osservato dalla sig.ra F.. Tuttavia sia la sig.ra M. che la sig.ra B. hanno affermato che l’attuale ricorrente era la “responsabile del negozio”, in particolare la sig.ra B. ha dichiarato quanto segue: ” … posso dire che lei lavorava molto di più rispetto al suo orario contrattuale, perché chiamavano sempre lei … le chiedevano di fare molte ore di straordinario … si lavorava tutti i giorni dal lunedì alla domenica con un giorno di riposo, so che lei molte volte ha addirittura saltato il suo giorno di riposo (soprattutto all’inizio) perché come ho detto chiamavano sempre lei, che era considerata la responsabile”.

Da queste dichiarazioni si ricava la prova della veridicità delle allegazioni svolte dalla ricorrente in punto lavoro straordinario.

La dimostrazione della spettanza dell’indennità di maneggio di denaro emerge ancora una volta dalle testimonianze delle sigg.re M. e B., le quali hanno precisato che la sig.ra F. incassava i corrispettivi versati dai clienti e rivestiva un ruolo di particolare responsabilità, essendo stata di fatto incaricata di coordinare l’attività delle altre commesse e più in generale di gestire il negozio.

Sulla scorta di tutte le argomentazioni che precedono, D.I. s.r.l. deve essere condannata a pagare in favore della ricorrente la somma netta di Euro 8.441,88 per i titoli analiticamente individuati nei conteggi allegati al ricorso, già detratte le somme nette percepite nei mesi di dicembre 2012 e gennaio 2013.

Sul suddetto importo, in applicazione del disposto dell’art. 429, comma 3 c.p.c. e in conformità alla costante interpretazione della Suprema Corte (si veda per tutte Cass., sentenza n. 4957/2002); devono essere calcolati sia gli interessi al tasso legale che la rivalutazione monetaria, con la sola precisazione che gli interessi legali vanno conteggiati sulla somma rivalutata anno per anno dalla data di maturazione dei singoli crediti e fino al momento dell’effettivo soddisfo, non invece sulla somma interamente rivalutata al momento del soddisfo (vedi Cass., Sez. Un., sentenza n. 38/2001 e Cass., sentenza n. 16392/2002).

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate avendo riguardo ai parametri stabiliti dal D.M. n. 55 del 2014 per le cause di lavoro dal valore compreso tra Euro 5.200,01 ed Euro 26.000,00.

Alla luce delle caratteristiche delle questioni trattate (di non elevata complessità) e della mancata costituzione in giudizio della convenuta (con conseguente limitato dispendio di energie processuali per la difesa attorea) si stima congruo riconoscere importi corrispondenti o comunque prossimi ai valori minimi previsti per le fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisoria, e quindi rispettivamente Euro 870,00, Euro 370,00, Euro 350,00 ed Euro 770,00. Si perviene pertanto alla liquidazione del complessivo importo di Euro 2360,00, al quale devono essere aggiunti il rimborso spese ex art. 2, comma 2, D.M. n. 55 del 2014, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione:

Accoglie la domanda proposta dalla sig.ra M.F. e conseguentemente dichiara D.I. s.r.l. tenuta, e per l’effetto la condanna al pagamento in favore della ricorrente della somma netta di Euro 8.441,88 per i titoli analiticamente individuati nei conteggi allegati al ricorso, oltre agli interessi legali sulle singole componenti del credito via via rivalutate anno per anno secondo gli indici ISTAT dalla data di maturazione di ciascuna componente fino al saldo effettivo;

Condanna la convenuta alla integrale rifusione delle spese di lite sostenute dalla ricorrente, che si liquidano in Euro 2.360,00 per compenso professionale ex D.M. n. 55 del 2014, oltre al 15% per rimborso spese ex art. 2, comma 2 D.M. n. 55 del 2014., I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Ivrea, il 2 aprile 2015.

Depositata il 2 aprile 2015.

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