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Chiusura domenicale dei negozi: giusto o sbagliato?

Il Movimento 5 Stelle e la Lega hanno deciso con proposta di legge una stretta sul commercio. Dalle indiscrezioni dei media si apprende che potranno rimanere sempre aperti:

  • cinema, tabaccherie e giornalai, fiorai, ristoranti e pasticcerie e simili;
  • esercizi commerciali interni a centri storici, villaggi turistici, stadi, autostrade, aeroporti, ecc.;
  • negozi fino a 150 o fino a 250 mq. a seconda che insistano in comuni sotto o sopra i 10.000 abitanti;

Per il resto, le serrande potranno essere alzate 26 domeniche su 52 e mai nelle 12 festività nazionali.
Le Regioni, in accordo con sindacati e associazioni di categoria, distinguendo tra località turistiche di mare e di montagna, stabiliranno il calendario delle 26 aperture domenicali e potranno introdurre 4 giornate di deroga al divieto di apertura nelle festività nazionali.
Salate le sanzioni: multe da 10 a 60 mila euro con raddoppio in caso di recidiva e proventi da investire tanto nella lotta contro l’abusivismo commerciale, quanto a favorire il decoro urbano. Il Governo giallo-verde prevede anche la chiusura dei negozi dalle 22 alle 7 e il divieto di consegna domenicale e festivo dei beni acquistati online.
A mio avviso, se da una parte si vuole favorire tanto i negozi di vicinato, rimettendo a loro se e quando lavorare, come pure i dipendenti della grande distribuzione commerciale, a salvaguardia dei tempi di vita personale di ognuno, dall’altra parte si rischia una contrazione dei consumi e quindi una riduzione di incassi, con conseguente ripercussione negativa sui livelli occupazionali.
Solo il tempo dirà se le misure governative favoriranno o saranno piuttosto di danno al commercio, certo è che a oggi non vedo alcuno studio del Governo alla base della scelta politica.
Non mi riferisco a un sondaggio sui consensi che una tale politica incontrerà tra i cittadini, bensì a un’analisi del lavoro chiamato alla sfida dei mercati internazionali e dove il commercio in sede fissa deve confrontarsi con l’e-commerce, una vetrina sempre aperta sul mondo degli acquisti.
Vedo con sospetto ogni forma di dirigismo perché esso per principio penalizza la libertà di impresa e la capacità di leale concorrenza, come non apprezzo qualsiasi politica che perda di vista il centro di interesse, che nel commercio è il consumatore finale.
Voglio però ricondurre il tema del contendere, il riposo domenicale, in termini di puro diritto. Inutile attardarsi nell’esame della riforma del settore commercio con decreto legislativo n.114 del 1998, quindi del Decreto Bersani Visco del 2006 n.223 e infine del decreto Salva Italia del Governo Monti del 2011, decreto legge n.201, per comprendere il complesso iter che ha portato faticosamente l’Italia alla liberalizzazione del commercio, che ora con un colpo di spugna si vuole cancellare.
È più semplice volgere lo sguardo alla Costituzione e interrogarci. L’art.36 comma 3° recita: «Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi».
C’è forse scritto che il riposo debba essere di domenica o nelle feste religiose? Un errore? Una dimenticanza? Oppure i Padri Costituenti hanno inteso compiere una scelta ponderata e razionale?
A ognuno la sua risposta.

avv. Andrea Agostini


Via Giotto n.44, Porto San Giorgio (FM)
Tel: 0734 671554

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