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Impugnazione licenziamento disciplinare – Tribunale di Venezia, sentenza n. 207/2019, giudice Bortolaso

Il Tribunale di Venezia ha recentemente esaminato l’impugnazione di un licenziamento disciplinare (ordinanza Fornero).

B.F. è un lavoratore dipendente dal 2008 e licenziato nel 2017 dal ristorante kosher “G.G.”, gestito dall’allora rabbino S.Y.B.R. per conto della R. E C. srl. Ritenendo di essere stato licenziato anche per questioni legate alla confessione religione, B.F. porta a sostegno dell’impugnazione:

  • di essere di religione cattolica;
  • di aver svolto nei primi 4 anni, attività lavorativa irregolare;
  • di avere sempre svolto orario full-time per 5 giorni alla settimana;
  • di aver intrattenuto, a partire dal 2016, una relazione affettiva con R.A. (cameriera di sala di religione ebraica) osteggiata dal titolare per motivi religiosi;
  • di avere subito, il 21 agosto 2018, un licenziamento «per ragioni di inconciliabilità delle esigenze e delle necessità delle parti».

La società convenuta, per suo conto:

  • definisce il licenziamento come disciplinare;
  • specifica una prima interruzione del rapporto lavorativo risalente a gennaio 2017, con successiva riassunzione il 2 marzo dello stesso anno a tempo determinato, orario part-time, con scadenza prevista il 31 ottobre 2017;
  • contesta la natura discriminatoria del licenziamento.

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI VENEZIA

IL GIUDICE DEL LAVORO DEL TRIBUNALE DI VENEZIA dott. ssa Margherita Bortolaso ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa di lavoro n. 1876/2018 RG promossa con ricorso in opposizione ex art. 1 comma 51 legge 92/2012

R. E C. SRL col proc. dom. avv. to C. V., come da mandato allegato alla comparsa di costituzione della fase sommaria

OPPONENTE

CONTRO

B. F. col proc. dom. avv. to P. E. R., come da mandato allegato alla comparsa di costituzione

OPPOSTA

In punto: opposizione a ordinanza Fornero – art 1 comma 51 legge 92/2012; trattenuta in decisione all’udienza 3.4.2019.

FATTO

La controversia costituisce opposizione a c.d. ordinanza Fornero, ossia a ordinanza emessa all’esito della fase sommaria di cui all’art. 1 comma 49 legge 92/2012, avente ad oggetto l’impugnazione di licenziamento disciplinare irrogato con missiva 21.8.2017. Si tratta di lavoratore dipendente dal 2008 al 21.8.2017 della R. E C. srl, titolare, in persona all’epoca del rabbino S.Y.B.R., della gestione del ristorante kosher ad insegna “G. G.” ubicato in Venezia all’interno dell’area del c.d. ghetto ebraico.

Il rapporto lavorativo ha avuto ad oggetto le mansioni di cameriere di sala inquadrato al 5 livello Ccnl Pubblici Esercizi.

Con il ricorso ex art. 1, comma 48, L. 92/2012 il licenziamento con cui, appunto il 21.8.2017, è stato posto fino a tale rapporto è stato dal B. impugnato allegando: – di essere di cultura e religione cattolica; – di avere svolto un primo periodo di lavoro irregolare durato ben quattro anni, di avere poi stipulato quanto al periodo dal 14/11/2012 al 3/7/2013 un contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato, successivamente trasformato in ordinario contratto a tempo indeterminato a far data dal 4/7/2013; – di avere sempre svolto la propria attività lavorativa a tempo pieno per cinque giorni alla settimana, percependo una retribuzione lorda, da ultimo, di euro 1.500,75; – di avere dal 2016 intrattenuto un rapporto dapprima di simpatia e poi affettivo/amoroso con una ragazza di religione ebraica di nome R. A. collega di lavoro presso il ristorante con mansioni di cameriera di sala, rapporto osteggiato dal titolare per la diversità di fede religiosa; – di avere ricevuto lettera di licenziamento 21.8.2017asseritamente “per ragioni di inconciliabilità delle esigenze e delle necessità delle parti”, non preceduta da contestazione disciplinare e in realtà determinata dalla fede religiosa del ricorrente siccome diversa da quella ebraica.

Tale recesso è stato dunque impugnato in principalità per discriminatorietà, in via subordinata siccome illegittimo per assenza di ragioni giustificatrici.

La società convenuta si è costituita fornendo per la prima volta la motivazione del licenziamento come disciplinare, ma omettendo di allegare qualsivoglia lettera di contestazione; allegando d’altro canto di avere interrotto il rapporto a tempo indeterminato con il ricorrente per effetto di un primo licenziamento a gennaio 2017, seguito dalla costituzione il 02.03.2017 di un nuovo rapporto, in questo caso a tempo determinato e part-time, con scadenza prevista, a seguito di intervenuta proroga, al 31.10.2017; contestando inoltre la natura discriminatoria dell’impugnato licenziamento, ed altresì la dedotta assenza di giusta causa, nei fatti in realtà esistente, costituita da grave inadempienza del B. agli obblighi contrattuali, in particolare per scarsa puntualità al lavoro, inosservanza dell’orario, atteggiamento di sfida verso il titolare, svolgimento delle incombenze assegnate in modo svogliato e con lentezza, continui litigi al lavoro con la collega/fidanzata R. A., incitazione dei colleghi nell’ultimo periodo a porre in essere analoghe condotte di insubordinazione. La causa è stata decisa dal Giudice della fase sommaria nei seguenti termini: “1) annulla il licenziamento e condanna la società resistente alla reintegrazione del ricorrente nel suo posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative – secondo quanto indicato in parte motiva – nel limite di dodici mensilità sino alla data del presente provvedimento, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria ex art. 429 c.p.c. dal dovuto al saldo effettivo ed oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, ex art. 18, comma 4, S.; 2) condanna la alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente che liquida in 4428,00 per onorari di avvocato, oltre rimborso forfettario del 15%, Iva e CPA come per legge, oltre al CU”. Tale ordinanza, seguita dall’esercizio da parte del B. dell’opzione per l’indennità sostitutiva della reintegra, è qui opposta dalla società ex 1 comma 51 legge 92/2012 per: 1) erronea ricostruzione del rapporto lavorativo, in particolare per non avere il giudice della fase sommaria tenuto conto dell’interruzione del gennaio 2017 e della successiva riattivazione del rapporto a tempo determinato e part-time, come da buste paga mai contestate dal B.; 2) avvenuta reiterata contestazione verbale di condotte scorrette; 3 ) sussumibilità del difetto di contestazione scritta non già nell’insussistenza del fatto ex art 18 comma 4, bensì nelle irregolarità procedurali ex comma 6; 4) eccessività dell’indennità risarcitoria accordata, anche tenuto conto della riconducibilità dello stato di disoccupazione successivo al licenziamento in parte anche all’inattività del B., responsabile dunque dell’aggravamento del danno.

Il convenuto opposto si è costituito contestando punto per punto l’opposizione e così concludendo: “Piaccia all’Ill. mo Tribunale – Giudice Unico del lavoro, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa: 1. in via principale, – dichiarare e accertare la nullità del licenziamento di cui è causa ex art. 18, quarto comma, St. Lav. per violazione dell’art. 7 St. Lav. e, per l’effetto, confermare l’ordinanza 4665/2018 del 3/8/2018, resa nel procedimento n. 730/2018 R.G.; 2. in via subordinata, – dichiarare nullo e/o annullabile e/o illegittimo e/o inefficace e comunque privo di effetto giuridico il licenziamento impartito da R. e C. Srl al Sig. F. B. con lettera priva di data su cui è giudizio; – dichiarare la natura discriminatoria del licenziamento su cui è giudizio; – ordinare l’immediata reintegrazione nel posto di lavoro di parte resistente ex art. 18 della legge 300/1970, il quale, successivamente alla pubblicazione della gravata ordinanza, ha optato per l’indennità sostitutiva; – per l’effetto, condannare R. e C. Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore del Sig. F. B., a titolo retributivo e/o di risarcimento dei danni, di una somma pari a tutti gli stipendi maturati e maturandi dalla data del licenziamento alla data di effettiva reintegrazione nel posto di lavoro, liquidando il maturato alla data della sentenza, sulla base dello stipendio mensile lordo di 1.500,75 euro – o della somma maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia – oltre alle incidenze degli istituti contrattuali e comunque in misura non inferiore per legge a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto; per l’effetto, condannare la Società convenuta a versare agli Istituti competenti tutti i contributi previdenziali e assistenziali dovuti a favore del resistente per il medesimo periodo; 3. in via ulteriormente subordinata – accertare e dichiarare l’illegittimità del licenziamento de quo per assenza della giusta causa e, per l’effetto, condannare la Società, a seconda delle dimensioni occupazionali, il cui onere spetta a parte ricorrente, al risarcimento del danno in favore del F. B. ex art. 18, comma 4, o comma 5, della L. 300/1970 ovvero nella misura massima delle sei mensilità, considerata la durata del rapporto quanto al criterio dell’anzianità di servizio e la modalità del licenziamento quanto al criterio del comportamento tenuto dalla parte, o, in alternativa, nella diversa misura ritenuta di giustizia; 4. in ogni caso, condannare Ristorante e C. Srl al pagamento del preavviso e del Trattamento di Fine Rapporto a favore del Sig. F. B.; Con vittoria di spese e compensi di lite”. La causa è stata istruita documentalmente.

Sono state depositate note finali autorizzate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le valutazioni e i passaggi dell’iter logico e motivazionale alla base della concessione, con l’ordinanza opposta, di tutela reintegratoria ex art 18 comma 4 Statuto dei Lavoratori, appaiono condivisibili e vanno integralmente confermati.

È infatti: 1) attesa la mancata prova della comunicazione al lavoratore della lettera di licenziamento di gennaio 2017, stante la mancata formulazione da parte della società di istanza di verificazione a seguito di disconoscimento da parte del B. della firma a suo nome presente nel contratto di lavoro part-time e a tempo determinato 2.3.2017 dimesso dalla medesima società, considerato inoltre che dalle deposizioni testimoniali assunte in fase sommaria emerge lo svolgimento delle prestazioni lavorative, durante tutto il periodo controverso, senza pause o interruzioni, l’azionato rapporto lavorativo va considerato come rapporto subordinato a tempo indeterminato full-time a tempo pieno protrattosi come tale fino all’epoca (21.8.2017) dell’impugnato licenziamento; 2) attesa la continuità del rapporto e in assenza di accordo scritto circa la variazione dell’orario il rapporto va considerato come full-time fino all’epoca del licenziamento; insegna, infatti, la Cassazione (sentenze 1375/2018, 25006/2016, 16089/2014, 16169/2006) che la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, ai sensi della disciplina dettata dal d.lgs. n. 61 del 2000, non può avvenire a seguito di determinazione unilaterale del datore di lavoro, ma necessita del consenso scritto del lavoratore, e, configurando la modalità oraria un elemento qualificante della prestazione oggetto del contratto part-time, la variazione, in aumento o in diminuzione, del monte ore pattuito, costituisce una novazione oggettiva dell’intesa negoziale inizialmente concordata, che richiede una rinnovata manifestazione di volontà, e non è pertanto desumibile per “facta concludentia”dal comportamento successivo delle parti ex art. 1362 c.c.; 3 ) trattandosi pacificamente – secondo quanto rivendicato dalla stessa società odierna opponente sia in fase sommaria che nell’atto introduttivo della presente fase – di licenziamento avente natura ontologicamente disciplinare, dalla totale assenza del prodromico procedimento, ossia dalla totale insistenza di previa contestazione scritta, deriva la radicale invalidità del recesso e la spettanza al lavoratore della tutela reale ex art. 18, quarto comma S. e non già la mera tutela indennitaria per irregolarità procedurale ex comma 6 (cfr Cass. 25745/2016); 4) il rilievo di eccessività dell’indennità risarcitoria accordata (12 mensilità) è infondato poiché in caso di tutela ex comma 4 spettano automaticamente, per chiara previsione normativa, tutte le mensilità dal licenziamento alla reintegra nel numero massimo di 12, come correttamente disposto dal giudice della fase sommaria; 5) per quanto detto al punto 2) la retribuzione globale di riferimento è quella spettante quale full-time, ossia calcolata sulla base di stipendio mensile lordo di euro 1500,75. L’opposizione va dunque rigettata, assorbite le domande svolte dal convenuto opposto in via subordinata (ivi compresa la tutela ex art 18 comma 1 per discriminatorietà, chiesta anch’ essa nella presente fase in via subordinata) e con condanna a carico della società rimodulata tenendo conto dell’esercitata opzione.

Anche le spese della presente fase in base alla soccombenza vanno poste a carico dell’Azienda – liquidazione come in dispositivo.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando, contrariis reiectis, così provvede: A) rigetta l’opposizione, e conferma dunque la declaratoria di invalidità dell’impugnato licenziamento e la concessione di tutela ex art. 18, IV comma, L.300/70; per l’effetto, tenuto conto dell’esercitata opzione, condanna la R. E C. SRL a versare a B. F. l’indennità sostitutiva della reintegra (15 mensilità) oltre ad un’ indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell’esercizio dell’opzione nel numero massimo di 12 mensilità, con rivalutazione secondo indici ISTAT ed interessi legali sulla somma via via rivalutata, e pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali relativi al periodo dal licenziamento fino all’esercizio dell’opzione; B) condanna la medesima società opponente alla rifusione a favore dell’opposto delle spese di lite, che liquida, al netto di accessori di legge, in euro 4.428,00 per la fase sommaria come da ordinanza 2.8.2018 e in ulteriori euro 4.039,00 oltre accessori di legge per la presente fase.

Venezia – udienza 3.4.2019

Il Giudice
Margherita Bortolaso


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