News giuridichePenale

Diffamazione e social network: nuovi casi, nuove riflessioni

L’evoluzione della giurisprudenza, per quanto riguarda i social network, è in fase di fermento. I casi sono ancora pochi, ma il fatto stesso che esistano dona un po’ di speranza a chi è stufo di passare il tempo su piattaforme che sembrano essere una terra di nessuno per leoni da tastiera e altre creature simili.
L’ultimo caso è quello che vede coinvolto un uomo di 42 anni condannato dal Tribunale di Nuoro a 1 anno e sei mesi per diffamazione via Facebook. Il misfatto, avvenuto nel 2016, ha origine nel momento in cui l’uomo giunge al pronto soccorso insieme al padre che lamenta alcuni dolori al braccio. L’attesa è lunga, ma alla fine la visita viene effettuata. Il giorno dopo il 42enne scrive un post in cui lamenta un’attesa di otto ore, terminando lo scritto con svariati insulti indirizzati alle due dottoresse in servizio che, però, non vengono nominate.
Il post non rimane invisibile alle interessate, le quali decidono di sottoporre la questione ai superiori. La lamentela raggiunge i ranghi di ogni tipo, fino a che la Asl locale decide di far partire una querela contro l’autore degli insulti, con le dottoresse che si costituiscono parte civile.
Il Pm, inizialmente, aveva chiesto una pena di 4 mesi, poi trasformatisi in 1 anno e 6 mesi con aggiunti 6.000 euro di risarcimento per le parti civili e 3.200 euro di pagamento delle spese processuali.
Quella pronunciata a Nuoro non è la prima sentenza riguardante la diffamazione online. Qualche mese fa, un 68enne di Alghero era stato condannato dal Tribunale di Sassari a pagare una multa di 800 euro (provvisionale di 3.000 euro) per aver rivolto accuse non vere e parole denigratorie tramite commento sulla pagina Facebook di un’azienda (qui il nostro articolo).
Un’altra condanna è stata espressa contro un uomo che ha utilizzato la bacheca della sua ex per insultarla. Anche in questo caso, si è arrivati a una condanna: 150 euro di multa più 300 euro di danni per la ex e le spese dell’intero giudizio.
I concetti alla base delle condanne, per quanto riguarda tutti i casi esaminati, sono quelli di ‘luogo pubblico’ e ‘condivisione’. Il reato di diffamazione, infatti, richiede come requisito la comunicazione a più persone dell’atto stesso di offesa all’altrui reputazione (art. 595 c.p.).
Come spiegato dalla Cassazione, interpellata sull’ultimo caso, la bacheca Facebook appartenente a una persona non è assimilabile a un luogo chiuso, ma deve essere vista come una piazza aperta a un numero non quantificabile di persone (che siano amici o sconosciuti) che possono condividerne i contenuti. La pubblicazione stessa del messaggio in bacheca, poi, implica la volontà di condivisione del messaggio, il che sta alla base del concetto di social network.
Queste conclusioni possono cambiare il panorama social, contraddistinto com’è dalla mancanza di educazione civile da parte di chi passa le giornate a insultare il prossimo. Insulti che sono diventati un’abitudine da parte di tutti – anche i più insospettabili – e che sono sintomo di un disagio legato al vedere lo schermo come una sorta di scudo inscalfibile: un’apparente impunità nei confronti della legge.
Chissà, forse le cose stanno davvero cambiando.
 

Fonte
Il Sole 24 Ore
Rimani sempre aggiornato sui nostri articoli e prodotti
Mostra altro

emanuelesecco

Dottore in Editoria e Giornalismo. Appassionato di scrittura, editoria (elettronica e digitale), social media, musica, cinema e libri. Viaggio il più possibile, ma Budapest è sempre nel cuore.

Articoli correlati

Lascia un commento

Back to top button