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Cassazione: rimozione tatuaggio e segni residui, quando scatta il risarcimento?

Può capitare che un tatuaggio perda di significato oppure, semplicemente, non piaccia più al suo proprietario. Le soluzioni sono due: cambiarlo, ovvero rivolgersi a un tatuatore in grado di trasformare letteralmente la figura, oppure rimuoverlo chirurgicamente. Quest’ultima, comunque, può lasciare dei segni, come delle cicatrici dove prima c’era l’inchiostro.
È il tema trattato dalla sentenza di Cassazione n. 9806, con la quale i giudici accolgono il ricorso presentato da un chirurgo già condannato a risarcire i danni subiti da un paziente che, tornato a casa in seguito all’operazione di rimozione, si era trovato una grossa cicatrice sul deltoide.
In primo e in secondo grado si era sostenuto che il paziente non fosse stato pienamente informato dei rischi ai quali poteva andare incontro sottoponendosi a tale intervento estetico. Il paziente, infatti, deve essere sempre messo in condizione di poter valutare costi e benefici di una operazione di rimozione. Tuttavia emerge, dagli atti processuali prodotti in sede di interrogatorio e per sua stessa ammissione, che il danneggiato era stato pienamente informato di tutto quanto il necessario. Inoltre, il chirurgo era stato molto specifico anche nella descrizione delle due tecniche possibili: dermoabrasione o intervento chirurgico; tanto che il paziente si era convinto della seconda tecnica anche dopo che il medico aveva disegnato con un pennarello il taglio che avrebbe dovuto effettuare sul braccio, dichiarando come la cicatrice risultasse «esteticamente migliore rispetto a quella che sarebbe rimasta con la dermoabrasione».
Il caso viene rinviato alla Corte d’Appello, la quale dovrà tenere conto della decisione presa dai giudici di Cassazione.
 

Fonte: IlSole24Ore
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