Sentenze

Tribunale di Verona, Lavoro – Sentenza n. 509/2015 del 28.7.2015 (Dott. M. M. Benini)

Udienza del 28/07/2015

Sono comparsi per la parte ricorrente l’avv. B. e per la parte convenuta l’avv. T.
Ai fini della pratica forense si dà atto che è presente la dott.ssa F. R.
I procuratori delle parti discutono la causa e concludono come in atti.
Il Giudice si ritira in Camera di Consiglio e all’esito pronuncia sentenza mediante pubblica lettura del dispositivo e della contestuale motivazione.
Il Giudice
Dott. Michele Maria Benini
Risarcimento danni da infortunio

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI VERONA
SEZIONE LAVORO

Il Giudice, dott. Michele Maria Benini, all’udienza del giorno 28 luglio 2015 ha pronunciato, mediante lettura del dispositivo e della contestuale motivazione, la seguente

SENTENZA

nella causa di lavoro n. ??/2013 RCL promossa con il ricorso depositato il 12 settembre 2013

da:

S. L. (C.F.), con il patrocinio dell’avv. B. R.; elettivamente domiciliato in VERONA presso il difensore avv. B. R.

contro:

PARCO NATURA VIVA GARDA ZOOLOGICAL PARK SRL (C.F.), con il patrocinio dell’avv. T. R., elettivamente domiciliato in VERONA presso il difensore avv. T. R.

Ragioni in fatto e in diritto della decisione

  1. Numerose e delicate sono le questioni che devono essere affrontate nella presente controversia.
  2. Occorre ricordare innanzitutto, sia pure a grandi linee, quali sono i criteri di commisurazione del c.d. obbligo di sicurezza, gravante sul datore di lavoro e sui suoi preposti e quindi l’ambito della relativa responsabilità dell’imprenditore, quali desumibili dall’art. 2087 c.c.
    È evidente, dallo stesso tenore letterale e dall’inquadramento sistematico della norma, che dalla previsione normativa dell’obbligo di predisporre le “misure necessarie” alla tutela dell’integrità fisica e della personalità morale dei prestatori di lavoro deriva un ampliamento della responsabilità del datore di lavoro in quanto l’adempimento del c.d. obbligo di sicurezza non potrà dirsi assolto convenientemente quando siano state osservate soltanto le precauzioni imposte da specifiche disposizioni di legge o regolamentari. È già stato infatti esattamente sostenuto che l’imprenditore, per poter andare indenne da responsabilità, deve dimostrare di aver adottato tutte le misure atte a conseguire efficacemente le finalità protettive avute di mira dalla norma, anche al di là delle misure di protezione e dei limiti espressamente previsti dalla legislazione in materia; incombendo quindi sul datore di lavoro l’obbligo di realizzare, come è stato efficacemente detto, non soltanto le misure di sicurezza “tipiche” ma ogni altra misura anche “atipica” concretamente rispondente alle esigenze protettive del momento.
    È tuttavia evidente che, nel momento in cui siano ravvisabili inosservanze a specifiche disposizioni di legge, la violazione del c.d. dovere di sicurezza non può che ritenersi macroscopica.

La questione che occorre innanzitutto approfondire riguarda le mansioni che L. S. era stato incaricato di svolgere quando è stato incornato dal rinoceronte.
L. S. sostiene che per la prima volta stava somministrando il cibo ai rinoceronti e che per fare tale incombenza era dovuto scendere dall’automezzo di servizio per raggiungere il cassone dove c’erano le balle di paglia.
La società sostiene invece che L. S. in quel frangente era addetto al controllo dei rinoceronti e che nel fare questo controllo non doveva per nessun motivo scendere dal mezzo come invece aveva fatto L. S. quando si era reso conto che gli animali si stavano azzuffando.

Si ritiene maggiormente attendibile la versione dei fatti per come è stata ricostruita dalla società convenuta, ossia che in quel mentre L. S. stava effettuando la sola sorveglianza della postazione “rinoceronti-ippopotami”.
Circostanza che deve ritenersi rilevante a tale proposito riguarda il fatto che l’automezzo di servizio era parcheggiato a notevole distanza dalle mangiatoie.
Su tale circostanza è stato sentito il teste Gallo che in quel mentre stava lavorando nel reparto dei ghepardi, reparto limitrofo a quello dei rinoceronti.
Anche se non ha assistito di persona all’incidente, Gallo ha potuto avere una visione completa del luogo dell’infortunio. Per quel che riguarda in particolare la posizione del fuoristrada di servizio, Gallo ha così descritto il teatro dell’incidente: “Ci avvicinammo al cancello dei rinoceronti che era chiuso. Vidi S. a terra, lontano circa 5 metri dall’auto che cercava di trascinarsi fino al mezzo. L’automezzo si trovava a circa 10 metri dal cancello di entrata. L’auto era lasciata in prossimità del cancello quando si trattava di fare il controllo dei rinoceronti”.
Le medesime circostanze sono state riferite anche dalla teste Spiezio, che pure a seguito della telefonata allarmata della collega Fistarol intervenne con sollecitudine avendo modo di verificare in quale maniera fosse posizionata la jeep: “Ribadisco che quando accorsi vidi la macchina di servizio che era in posizione di controllo e non di somministrazione del cibo”. Come ribadito dalla teste “S. quando è successo l’incidente era addetto al controllo dei rinoceronti. Aveva infatti messo il fuoristrada nella posizione indicata per effettuare detto controllo e cioè vicino al cancello”.
Concordi sono stati i due testi anche nel confermare la circostanza per cui, se l’intendimento di L. fosse stato quello di dare da mangiare ai rinoceronti, l’autovettura sarebbe stata messa in altra posizione, ossia vicino alle mangiatoie. “S. quando si è infortunato si trovava a circa 20 metri dalla mangiatoia più vicina (?). Nulla lasciava intendere che S. stesse dando da mangiare agli animali. Le mangiatoie come ho detto erano in luoghi distanti da dove lui si trovava. Sul mezzo c’erano delle balle di fieno come capita sempre” (teste Gallo). “In altri momenti della giornata S. avrebbe dovuto dare da mangiare ai rinoceronti. Per fare questo la macchina doveva essere posizionata in un luogo diverso e cioè vicino alla mangiatoria che è distante da dove S. si trovava invece al momento dell’incidente” (teste Spiezio).

Per converso non altrettanto attendibili devono ritenersi i testi citati dal ricorrente.
Innanzitutto è pacifico che nessuno dei due non soltanto non ha assistito all’incidente ma, a differenza dei testi di parte convenuta, non è neppure intervenuto sul luogo nell’immediatezza dell’incidente; nessuno dei due ha quindi potuto rendersi conto della dinamica dell’infortunio.
Inoltre, dei due testi, l’uno, L. R. risulta legato da strettissimo vincolo di parentela con il ricorrente, essendone il figlio.
D’altra parte le fotografie prodotte in atti (doc. 3 fascicolo di parte ricorrente) riguardano la procedura dell’approvvigionamento del cibo e quindi una procedura diversa da quella che L. S. doveva fare quel giorno, vale a dire, come si è visto, quella di mero controllo e sorveglianza.
L’altra teste, B. M. ha ammesso che quanto meno al tempo in cui era sentita come teste era in causa contro la società convenuta rivendicando di essere stata vittima di mobbing. La sua versione dei fatti non può allora non aver risentito dei rapporti parecchio deteriorati che almeno all’epoca vi erano tra le parti.
La teste inoltre si è contraddetta riferendo innanzitutto che non le era “mai stato spiegato in qual modo andavano accuditi i rinoceronti” e riferendo invece più oltre “di aver frequentato tutti i corsi di formazione organizzati dalla ditta. Ne ricordo almeno 3″.
Battocchio ha comunque riferito che “quando c’era da controllare i rinoceronti, l’addetto doveva fermare la macchina di servizio nei pressi del cancello e avere cura di controllare che i rinoceronti e le tigri non uscissero”. La teste ha pertanto finito per confermare che la macchina di servizio si trovava nella posizione prescritta per il controllo degli animali. È pacifico infatti che la jeep si trovava nei pressi del cancello (“a circa 10 metri dal cancello d’entrata” come ha riferito il teste G.), proprio nella posizione quindi indicata da Battocchio.
Appare invece poco verosimile la teste Battocchio quando riferisce che al momento di dare da mangiare agli animali “quindi con l’auto ci si muoveva in giro per il recinto e dove capitava gettavi le balle di fieno”. All’interno del reparto rinoceronti-ippopotami vi erano due mangiatoie, anzi tre come riferito dal teste Spiezio e ribadito dal teste Gallo: appare quindi verosimile che le balle di fieno fossero messe nella mangiatoia.
Della necessità di mettere il fieno nelle mangiatoie si fa menzione anche nel regolamento di data 1.3.2009 (doc. 4 fascicolo di parte convenuta) per la specifica operazione di accudienza di rinoceronti e ippopotami: “Somministrare agli animali il fieno collocato sul retro del mezzo di trasporto più volte al giorno collocandolo in aree specifiche del reparto”.
Se l’auto di servizio di L. S. si trovava quindi nei pressi del cancello d’entrata ed era invece lontana dalle mangiatoie, la mansione che il ricorrente stava effettuando in quel torno di tempo era quella del controllo degli animali (o, per come è stato intitolato il regolamento anzi detto, della accudienza di rinoceronti e ippopotami).

Non rileva pertanto nel presente giudizio il fatto che l’autovettura che L. S. stava utilizzando non fosse fornita di un sistema di lancio automatizzato delle balle di fieno. Non rileva neppure appurare se per riempire le mangiatoie L. S. doveva necessariamente scendere dal mezzo e salire sul cassone per prendere le balle o se invece poteva rimanere a bordo del mezzo quanto meno nel momento in cui avesse avuto l’accortezza di mettere le balle di fieno sul sedile a fianco del guidatore.
Si ribadisce infatti che l’operazione che L. S. doveva fare era quella soltanto di controllare i rinoceronti.

Per fare questa operazione L. S. doveva rimanere a bordo dell’auto di servizio senza scendere a terra per nessun motivo e se del caso avvisare tramite telefono di servizio o radio aziendale.
La procedura che L. S. doveva seguire nel frangente era quella cioè espressamente stabilita dalla società convenuta nel regolamento di data 1.3.2009 (doc. 4 fascicolo di parte convenuta) per la specifica operazione di accudienza di rinoceronti e ippopotami: “Sostare all’interno del reparto rinoceronti in sicurezza restando sul mezzo aziendale e monitorare il comportamento di rinoceronti e ippopotami (?) intervenire solo se necessario, avvicinandosi agli animali, restando sul mezzo di trasporto senza tuttavia interagire direttamente con gli animali (?) non avvicinarsi mai agli animali a piedi senza essere protetti dal mezzo aziendale”.
La procedura che L. S. doveva osservare è stata riassunta anche dal teste Sandri: “Quando l’addetto deve fare controllo dei rinoceronti senza dover dare loro da mangiare, gli è fatto divieto di scendere dal mezzo, deve quindi rimanere a bordo ed eventualmente chiamare aiuto”.
Il ricorrente come si è visto doveva soltanto occuparsi del controllo degli animali. In quel frangente non doveva dar loro da mangiare. Per fare l’operazione di accudienza doveva rimanere a bordo del veicolo senza scendere a terra e tanto meno avvicinarsi agli animali.
L. S. non ha invece osservato le procedure sotto una molteplicità di aspetti.
Nel momento in cui si è accorto che i rinoceronti erano innervositi, L. S. non doveva avvicinarsi agli animali ma allertare la direzione in modo da far intervenire ulteriori operatori a dargli “man forte”. Non vi è prova che L. S. abbia chiamato qualcuno in soccorso. Neppure il ricorrente sostiene di aver quanto meno cercato di chiamare aiuto.
Tanto meno L. S. doveva cercare di sua iniziativa di allontanare i due rinoceronti l’uno dall’altro, lanciando loro addosso delle piccole pietre e armandosi di un bastone. In tal modo infatti i rinoceronti si sono ulteriormente innervositi come era verosimile che potesse succedere e uno dei due in particolare si è rivoltato contro L. S. che si era avvicinato al luogo della zuffa uscendo dalla zona di protezione che poteva assicurare la macchina.
L. S. non ha avuto neppure l’accortezza di rimanere dietro l’auto che poteva fornire una barriera di protezione indubbiamente efficace.
Le inosservanze imputabili a L. S. sono parecchie: quella di aver deciso sua sponte di sedare una zuffa tra due rinoceronti; quella di essere sceso per tale motivo dall’autovettura di servizio anziché rimanere al sicuro all’interno; quella di essersi avvicinato agli animali e di aver lanciato contro di loro delle piccole pietre provocando in tal modo la loro reazione; quella di non aver ritenuto opportuno attivare le procedure di soccorso.

Non era sicuramente questo il comportamento che ci si poteva attendere da una persona esperta come L. S., assunto con la qualifica di operaio agricolo specializzato ancora in data 1.6.1999. Non è contestata d’altra parte la circostanza per cui il ricorrente fosse adibito prevalentemente alla postazione dei cancelli della zona dei leoni e successivamente al controllo del reparto grandi felini e del reparto rinoceronti e ippopotami a bordo dell’automezzo di servizio (cap. 4 memoria di costituzione di parte convenuta).
Ad avviso del ricorrente l’adibizione alla sorveglianza e alla somministrazione del cibo ai rinoceronti sarebbe stata anzi l’occupazione unica di L. S. sin dal momento dell’assunzione e fino al giorno dell’infortunio (cap. 2 della parte in via istruttoria del ricorso).
È smentita quindi dallo stesso ricorrente la circostanza per cui quel giorno 14.3.2010 sarebbe stata “la prima volta” che L. S. era adibito all’alimentazione dei rinoceronti in assenza di qualunque formazione o informazione.
Circostanza questa che non è comunque condivisibile sotto due profili: perché quel giorno L. S. era addetto soltanto alla sorveglianza dei rinoceronti, perché lo stesso ricorrente afferma una circostanza diversa e cioè che fin dall’assunzione era stato adibito alla sorveglianza e alla somministrazione dei cibo ai rinoceronti.
Per il lungo lasso di tempo trascorso a contatto con i rinoceronti, L. S. doveva avere quindi maturato una notevole esperienza a proposito delle modalità di gestione del rapporto con questi animali dal carattere notoriamente poco socievole.
L. S. non era quindi per così dire un pivello ai suoi primi giorni di lavoro.

Non vi era nessuna ragione per altro verso perché L. S. dovesse porre in essere una condotta del genere.
Neppure vi era stata in passato una qualche avvisaglia che potesse mettere sull’avviso la direzione della società Parco Natura Viva. Nei trascorsi disciplinari di L. S. non si rinvengono infatti precedenti della medesima indole.
Né si riesce a pensare d’altra parte quali accorgimenti la società convenuta avrebbe potuto approntare per evitare un gesto così scriteriato da rasentare la pura incoscienza. L’attività era semplicemente quella della sorveglianza che L. S. avrebbe dovuto effettuare stando rigorosamente a bordo del fuoristrada aziendale e segnalando eventuali anomalie che avesse potuto riscontrare.
Impulso irrefrenabile ha invece voluto che il ricorrente scendesse dall’autovettura, si allontanasse dalla stessa, tirasse sassi in direzione dei due animali, li rincorresse arrivando fino a breve distanza da uno di loro che colpiva con un bastone, provocando la reazione indispettita di detto animale che gli si rivoltava contro.

D’altra parte la procedura relativa all’accudienza dei rinoceronti e ippopotami risaliva ad appena 1 anno prima (1.3.2009) e quindi doveva essere ben presente al ricorrente che, all’interno del reparto rinoceronti e ippopotami svolgeva, come si è visto, tutta o almeno una gran parte delle sue mansioni.

Nella condotta del lavoratore L. S. devono ravvisarsi pertanto i profili della abnormità e della imprevedibilità.
È nota la giurisprudenza della Cassazione in materia.
La Cassazione ha più volte affermato al riguardo che il rapporto causale tra la condotta commissiva od omissiva del datore di lavoro e l’evento colposo occorso al lavoratore è interrotto allorquando la condotta di quest’ultimo è del tutto anomala ed esorbitante dal procedimento di lavoro al quale è addetto o si traduca nell’inosservanza di precisi ordini esecutivi o di disposizioni di sicurezza; perché possa dirsi interrotto il rapporto causale tra la condotta del datore di lavoro inosservante delle norme antinfortunistiche e l’evento lesivo, occorrono quindi fatti del lavoratore eccezionali e inopinabili o con arbitraria esorbitanza dai propri compiti. La responsabilità da parte dei soggetti indicati dall’art. 4 del D.P.R. n. 547/1955 può venir meno infatti soltanto nel caso in cui il lavoratore ponga in essere una condotta imprevedibile, esorbitante dal procedimento di lavoro ed incompatibile con il sistema di lavorazione, oppure ingiustificabilmente inosservante di precise e tassative disposizioni antinfortunistiche. L’arbitraria iniziativa del dipendente che, contravvenendo agli ordini dati dal responsabile tecnico e della sicurezza del lavoro, adotti modalità lavorative anormali a causa dell’evidente pericolo in esse insito, fa venir meno pertanto il nesso causale fra la tecnica lavorativa e l’evento dannoso.

Nel frangente dell’infortunio L. S. stava ponendo in essere una condotta abnorme, imprevedibile, esorbitante dalla procedura di lavoro e del tutto al di fuori delle regole di comune esperienza.
A L. S. è quindi imputabile un atto di una abnormità tale da poterne ricondurre le conseguenze unicamente alla sua responsabilità, così da ritenere ravvisabile un nesso di causalità esclusivo tra la condotta posta in essere dal lavoratore ed il danno.
Le procedure come si è visto erano del tutto chiare al riguardo nel fare divieto all’addetto alla sorveglianza soprattutto di scendere dall’automezzo di servizio e di interagire con gli animali.
Ma prima ancora dell’inosservanza delle procedure, L. S. è venuto meno ad una elementare norma di prudenza che ogni persona di buon senso avrebbe adottato, scendendo a terra ed allontanandosi dal veicolo senza poter più fare affidamento su quella protezione che la jeep di servizio con le sue dimensioni poteva assicurare.

Nella condotta tenuta dal lavoratore L. S. in concomitanza dell’infortunio non vengono pertanto in considerazione soltanto profili di negligenza o imprudenza o imperizia, dei quali tenere conto nella quantificazione del danno risarcibile.
Non di una attenuazione della responsabilità del datore di lavoro per un concorso del fatto colposo del lavoratore si può pertanto parlare nella presente vicenda.
A L. S. è infatti addebitabile una condotta talmente abnorme da elidere il nesso causale.

Nessuna conseguenza dannosa è pertanto ascrivibile alla società Parco Natura Viva.
Ogni altra questione rimane assorbita.
Il ricorso deve essere di conseguenza rigettato.

Si ravvisano giustificati motivi perché le spese del giudizio rimangano interamente compensate tra le parti.
Sulla natura professionale o meno dell’infortunio vi sono stati provvedimenti difformi. Si tenga conto infatti che con provvedimento di data 6.5.2011 (doc. 13 fascicolo di parte ricorrente) l’INAIL ha riconosciuto la natura professionale dell’infortunio capitato a L. S. in data 14.3.2010 nella misura del 7% liquidando la somma di Euro 4.007,58 a titolo di danno biologico permanente.
Il fatto che l’INAIL avesse ritenuto di liquidare il danno poteva indurre L. S. a ritenere che anche sotto il profilo civilistico il danno potesse trovare ristoro.

P.Q.M.

Il Tribunale di Verona in composizione monocratica quale giudice del lavoro di primo grado, definitivamente decidendo nella causa di cui in epigrafe, uditi i procuratori delle parti, ogni diversa domanda disattesa, così statuisce: rigetta il ricorso;
dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio;
pone a carico del ricorrente le spese della CTU che liquida come da separato provvedimento.

Così deciso in Verona, il giorno 28 luglio 2015
Il Giudice
dott. Michele Maria Benini

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