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L’imperizia nella caduta

Nella sentenza n. 89/2018, del Tribunale di Savona, la ricorrente cita in giudizio un Comune: ella dichiara di essere caduta in un pericoloso canale di irrigazione.
L’evento non è contestato da ambo le parti; il problema risiede, invece, nella genesi dei fattori scatenanti il fatto in questione. Da un lato vi è l’attrice, la quale asserisce di essere caduta nel tardo pomeriggio, in una strada a doppio senso di marcia, priva di marciapiede, non segnalata e, soprattutto, priva delle prescritte misure di sicurezza. Dall’altro lato vi è il Comune, il quale nega ogni addebito, sia per ciò che concerne le prescritte sicurezze sia per ciò che riguarda l’asserita sconnessione del terreno.
Nulla quaestio sulle misure di sicurezza: la sentenza n. 7125/2013 della Cassazione sancisce che «a norma dell’articolo 2051 c.c., incombe sul danneggiato l’onere di provare il nesso causale tra la cosa e il danno subìto, dovendo costui dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, ma non anche che esso sia l’effetto dell’assenza di presidi antinfortunistici».
Pare che non abbia importanza dimostrare l’assenza di misure di sicurezza o di presidi antinfortunistici; naturalmente, in sede probatoria.
Sembra delinearsi una fulgida vittoria per l’attrice del caso di specie. Sembra, perché i fatti non sono andati esattamente come lei li ha descritti: alla luce delle testimonianze e delle perizie, l’attrice è caduta rovinosamente in un canale di scolo particolarmente ampio, in una strada di grandi dimensioni, delimitata da paletti, perfettamente visibile, in una giornata di sole. Cominciano a mostrarsi talune crepe nel racconto della signora.
Sempre la Cassazione sottolinea come in tema di responsabilità per danni da cose in custodia, qualora il danno non derivi da un dinamismo interno della res, il danneggiato può provare il nesso causale tra evento dannoso e bene in custodia unicamente dimostrando l’obiettiva situazione di pericolosità dello stato dei luoghi, tale da rendere probabile, se non inevitabile, il danno stesso.
Questo non riguarda sicuramente l’attrice del caso di specie, ad avviso del giudice, scivolata nel canale per imprudenza imputabile solo, e unicamente, a se stessa.
L’iter probatorio della ricorrente si sgretola, quindi, come un castello di sabbia, impedendole di accedere a qualsiasi tipo di risarcimento del danno.
Chi è cagion del suo mal pianga se stesso.

Leggi il testo integrale – Tribunale di Savona, sentenza n. 89/2018

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Michel Simion

Dottore in Giurisprudenza, Università degli Studi di Verona. Tesi in diritto costituzionale giapponese, appassionato di letteratura asiatica.

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