Sentenze

Tribunale Ordinario di Verona, Sez. Civili – Sentenza 22.4.2015 (Dott. Mirenda)

Condominio – Bed & Breakfast – Divieto di adibire gli alloggi ad attività diversa da quella di abitazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI VERONA

SEZIONI CIVILI

– omissis –

Svolgimento del processo e Motivi della decisione

  1. rilevato che il novellato art. 132 c.p.c. esonera il giudice dal redigere lo svolgimento del processo;
  2. ritenuta la legittimità processuale della motivazione c.d. per relationem, come pure della motivazione della sentenza mediante semplice richiamo degli atti di parte (cfr. Cass. 636/07 e, da ultimo, Cass. Sez. Un. 16.1.2015 n. 6423);
  3. ritenuta, quindi, l’ammissibilità delle formule giustificative sinteticamente indicate come “motivazioni c.d. indirette, già a suo tempo codificate dall’art. 16 del d.lgs 5/03, recettivo di previ e autorevoli orientamenti giurisprudenziali;
  4. osservato che per consolidata giurisprudenza del S.C. il giudice, nel motivare “concisamente” la sentenza secondo i dettami di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c., non è affatto tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le quaestiones sollevate dalle parti, ben potendosi egli limitare alla trattazione delle sole questioni – di fatto e di diritto – “rilevanti ai fini della decisione” concretamente adottata 1; che, in effetti, le restanti questioni non trattate non andranno necessariamente ritenute come “omesse” (per l’effetto dell’error in procedendo), ben potendo esse risultare semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante;
  5. richiamato, quindi, il contenuto della ricorso ex art. 1137 c.civ. e della comparsa di risposta del Condominio resistente;
  6. richiamata l’ordinanza riservata del 11.11.2014, che per comodità qui si riporta: “Il Giudice, all’esito della camera di consiglio, ritenuta, preliminarmente, la dubbia fondatezza dell’eccepita cessazione della materia del contendere posto che, da un lato, la variazione dell’art. 29 del regolamento condominiale ha, comunque, lasciato immutata quella lett. a) sulla cui scorta il condominio resiste all’impugnativa; dall’altro, manca – a ben vedere – il riconoscimento del diritto della ricorrente ad esercitare l’attività richiesta, tale non potendo essere una mera offerta transattiva subordinata a reciproche concessioni”;
  7. osservato, così, che si ha riguardo ad impugnazione di delibera resa a maggioranza con la quale il condominio, in applicazione del citato art. 29 lett.a), ha inteso: 1) vietare all’odierna ricorrente di adibire le due unità immobiliari di cui ella è proprietaria ad attività di c.d. “bed and breakfast”; 2) vietare agli ospiti del “B&B” l’accesso alle parti comuni del condominio ( piscina, parco, campo da tennis, etc.);
  8. osservato che il condominio resistente, costituendosi ritualmente, non ha svolto domande riconvenzionali accertative;
  9. osservato, in diritto ed ex officio, ai fini di cui all’art. 101, comma secondo, c.p.c., come la delibera in contestazione (nella parte in cui fa divieto al condomino di esercitare nella proprietà esclusiva l’attività descritta), assuma carattere meramente valutativo, esprimendo la semplice “opinio iuris” della maggioranza dei condomini sulla questione di fatto e di diritto sottoposta allo scrutinio di cui all’art. 1122 c.civ.;
  10. che, invero, non può sfuggire come essa : i) esorbiti (sempre nella parte ridetta) dal catalogo dei poteri riservati all’assemblea dalla legge (artt. 1117 ter e quater, artt. 1135 c.civ.); ii) sia inidonea – in qua parte – a ledere “in concreto” la sfera soggettiva della ricorrente (e, per quanto qui rileva, a paralizzare il fattivo esercizio dell’attività descritta), stante l’ovvia carenza di autonoma forza coercitiva che, pertanto, si sottopone ex officio all’attenzione delle parti il thema della condizione di ammissibilità della domanda ( nella parte indicata) in relazione alla dubbia sussistenza di un interesse concreto ad agire ex art. 100 c.p.c. Invero, secondo costante giurisprudenza di legittimità (cfr. da ultimo Cass., ord. n. 11214 del 10/05/2013), persino nel caso di impugnazione di delibera per vizi formali è comunque necessario, ai fini della verifica dell’interesse ad agire, che la delibera “sia idonea a determinare un mutamento della posizione dei condomini nei confronti dell’ente di gestione, suscettibile di eventuale pregiudizio”.
  11. è, dunque, evidente che siffatto principio vige a fortiori nelle ipotesi, qual è quella in esame, di delibera censurata per vizio sostanziale;
  12. ritenuto, di contro, l’interesse ad agire quanto al secondo capo della delibera impugnata, incidendo essa sulle modalità d’uso delle parti comuni nell’esercizio del potere riconosciuto all’assemblea dall’art. 1117 quater c.c civ.;
  13. che, tuttavia, in ossequio al principio chiovendiano di concentrazione della decisione, devono evitarsi, quando possibile, delicate sentenze parziali, tenuto conto che il contraddittorio sulla questione officiosa non recherà apprezzabile ritardo alla definizione integrale della lite le cui basi – lo si segnala sin d’ora – poggeranno semplicemente sui consueti canoni ermeneutici dei negozi (qui il regolamento condominiale) di cui agli artt. 1362 e ss. c.civ. ;

P. Q. M.

visto l’art. 101, comma secondo, c.p.c., assegna alle parti termine di gg. 60 per il deposito di memorie sulla questione indicata.
Omissis.
ritenuto – anche dopo la lettura delle memorie illustrative autorizzate – che non siano stati superati i rilievi officiosi che precedono, sia quanto all’astratta permanenza della materia del contendere, sia in ordine alla carenza di interesse ex art. 100 c.p.c. ad impugnare la delibera de qua laddove essa fa divieto di adibire le proprietà esclusive della ricorrente ad attività di c.d. “bed and breakfast”;
che, in effetti, in diritto, non risultano scalfitti gli assorbenti rilievi svolti in ordinanza mentre, in fatto, non sfugge la totale ineffettività di quel divieto, palesemente inidoneo ad incidere sulla sfera soggettiva della ricorrente e, in ultima analisi, ad impedire l’adibizione materiale dell’immobile in questione all’attività desiderata (adibizione avverso la quale sarà, semmai, il condominio a dover deliberare di agire giudizialmente onde farne valere l’illegittimità regolamentare);
osservato – quanto al restante profilo impugnatorio afferente il divieto di utilizzare le parti comuni da parte degli ospiti del futuro bed and breakfast (tema implicitamente affrontato e respinto dall’assemblea, in ciò compulsata da precisa domanda in tal senso della Sig.ra M., ivi personalmente presente: v. verbale) – che occorre avere riguardo all’art. 29 lett. a) del regolamento condominiale, non potendosi ragionevolmente dubitare dell’esistenza di siffatta previsione (in seno al regolamento di natura contrattuale fatto oggetto di unanime approvazione: v. delibera 29.9.1991, in atti), alla luce di quanto condivisibilmente chiarito sul punto dalla difesa di parte convenuta alle pagg. 4 e ss. della comparsa di risposta;
che la norma regolamentare richiamata recita:
“È vietato destinare gli alloggi ad uso laboratorio, scuole, circoli, depositi merci ed a qualsiasi attività rivolta ad impresa, comunque ad uso diverso dall’abitazione e/o diverso da quello previsto nel piano regolatore del Comune di Verona”;
osservato che si ha riguardo ad atto negoziale (ancorché a carattere regolamentare) che, come tutti i negozi, soggiace alle regole ermeneutiche di cui agli artt. 1362 e ss. c.civ.; che, dunque, in ambito privatistico l’interprete non può limitare la sua indagine ermeneutica restringendola al solo dato letterale (diversamente da quanto si prevede per l’ermeneutica delle fonti dell’ordinamento), dovendo invece ricercare la volontà effettiva delle parti, anche – se del caso – oltre lo stretto rigore lessicale; osservato, così, che il regolamento in esame questione contempla:
i) la piena facoltà per i condomini di affittare le rispettive unità immobiliari (art. 9 ), per l’effetto di ammettere pacificamente anche i terzi-conduttori, estranei al novero dominicale del condominio, alla fruizione degli spazi comuni ricreativi (piscine, campi da tennis, etc.);
ii) la previsione finale dell’indefettibile destinazione “abitativa” delle unità immobiliari (art. 29, lett. A), cit.), a cui – proprio per la collocazione spaziale dell’inciso ( “omissis, comunque ad uso diverso dall’abitazione”), subito dopo l’elencazione dei vari divieti – va attribuita valenza chiarificatoria circa la reale portata dei divieti cennati (uso laboratorio, scuole, circoli, ritrovi, deposito merci, qualsiasi attività rivolta ad impresa), tutti unificati dal minimo comune denominatore del “non” avere essi carattere abitativo;

interpretata, quindi, per quanto qui rileva, la concreta volontà dei condomini nel senso del divieto di esercizio dell’impresa nelle unità esclusive solo laddove esso confligga con la destinazione abitativa delle unità medesime (la conclusione si giustifica alla luce delle valutazioni ermeneutiche testé svolte, come pure del principio generale, più volte ribadito dal Supremo Collegio, della necessaria interpretazione restrittiva dei limiti negoziali ed eteronomi al godimento della proprietà esclusiva, onde non comprimerne irrazionalmente la naturale espansività: cfr., ex plurimis, Cass. 31.7.2012 n.13728, quanto al criterio guida della “compatibilità” dell’uso sub iudice con quelli ammessi dal regolamento, nonché Cass. 10.2.2010 n. 3002);

osservato, così, come l’attività di c.d bed & breakfast – sia essa o meno impresa commerciale (tema qui non assorbente, per quanto sopra) – si rivela pienamente compatibile con la destinazione abitativa dell’unità immobiliare in cui essa si svolge:

i) perché essa, alla luce della L. 29.3.2001 n.135 e delle varie leggi regionali applicative, va necessariamente esercitata, dal punto di vista amministrativo, in immobili in regola con i requisiti urbanistico-edilizi, igienico-sanitari e di sicurezza prescritti, per l’appunto, per le abitazioni;

ii) per la potenziale assenza di professionalità (in senso stretto) dei soggetti che la esercitano (non è prescritta, difatti, l’apertura della partita IVA ove venga rispettata la saltuarietà, mediante interruzione dell’attività per un certo numero di giorni, anche non consecutivi, variabile da Regione a Regione);

iii) per la libera facoltà di far cessare l’attività in ogni momento, senza che a ciò consegua, di regola, per quanto sub i), la necessità di ristrutturare l’unità immobiliare onde recuperarne la destinazione abitativa;

iv) per il carattere sobrio, inderogabilmente breve e, per molti versi, “para-familiare” della fruizione dell’immobile (carattere sovente rafforzato dalla compresenza in loco del proprietario), in termini del tutto dissimili dal servizio professionalmente reso all’ospite di un albergo;

ritenuta, quindi, l’illegittimità della delibera in qua parte, con l’inevitabile condanna alle spese del condominio (sordo, del resto, ad ogni ipotesi conciliativa, come emerge dai verbali in atti), liquidate in € 7650, 00, di cui € 7000,00 per compensi relativi alla fase di studio, introduttiva e decisoria, oltre ad IVA, C.A. 4% e rimborso forfetario 15%;

P. Q. M.

definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa e respinta:

a) dichiara la carenza di interesse ad agire della ricorrente quanto al capo di delibera condominiale del 22.3.2013 afferente alla proprietà esclusiva della medesima e dei restanti condomini;

b) annulla la delibera indicata nella parte in cui nega agli ospiti del bed & breakfast la facoltà di accedere alle parti comuni del condominio, ivi compresi il campo da tennis e la piscina;

c) condanna il condominio resistente alla rifusione delle spese, come sopra liquidate.

Così deciso, in Verona, il 22 aprile 2015

Il Giudice est.

Dott. Andrea Mirenda

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