Diritto dell'immigrazioneNews giuridiche

Quando si può accedere al permesso di soggiorno per motivi umanitari?

La condicio sine qua non, affinché si possa ottenere tale status, risiede nel divieto di espulsione, così come sancito dall’art. 19 del decreto legislativo 286/98: «In nessun caso può disporsi l’espulsione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali».
Preso atto di ciò, la corte di Appello di Bologna, con sentenza n. 2026/2017, ha riformato la precedente decisione in relazione a un richiedente nigeriano, dichiarando che «vi è una sostanziale non credibilità nel racconto dello straniero. Inoltre, nonostante le violenze indiscriminate del conflitto armato interno alla Nigeria, esse sono localizzate solo in alcune aree del paese, lontane da Benin City, luogo di provenienza dello straniero e luogo verso cui il medesimo verrebbe rimpatriato».
Per ottenere l’agognato permesso di soggiorno sembra essere necessario un quid pluris probatorio, non essendo bastevole fuggire da un teatro di guerra. Ma esistono soluzioni alternative? In  linea astratta il soggetto avrebbe potuto esperire non solo la richiesta di rifugiato politico, ossia colui che viene perseguitato nel proprio paese di origine, ma anche quella di protezione sussidiaria, riconosciuta a coloro che potrebbero, anche solo in via potenziale, essere perseguitati nel loro paese di origine.
È facile notare, dando anche solo una rapida lettura alla sentenza, che colui che perseguita l’attore non è uno Stato sovrano bensì un organizzazione privata, ossia la setta degli Ogboni.
Oltre a ciò, già di per sé determinante, va aggiunto che «va escluso che possa essere valutata la sussistenza dei presupposti per lo status di rifugiato politico e per la protezione sussidiaria, in assenza di reiterazione di alcuna domanda in tal senso da parte dell’appellato».
In concreto, l’unica soluzione rimasta all’attore sembra essere quella di esperire la procedura prevista dall’art. 35 comma 1 del suddetto decreto, «impugnare entro 30 giorni, a pena di inammissibilità, la sentenza di rigetto».

Rimani sempre aggiornato sui nostri articoli e prodotti
Mostra altro

Michel Simion

Dottore in Giurisprudenza, Università degli Studi di Verona. Tesi in diritto costituzionale giapponese, appassionato di letteratura asiatica.

Articoli correlati

Lascia un commento

Back to top button