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Dire che gli immigrati vivono di sussidi non è istigazione razziale. Il caso di un cittadino tedesco

«Farò anch’io come fanno questi asociali, ogni anno un figlio. Vivrò di assegni familiari».

A quanto si evince dalla sentenza n. 33414/2020 di Cassazione (sesta sezione penale) la frase riportata non basta a far scattare il reato di istigazione all’odio razziale, benché pronunciata in presenza di soggetti riferibili al gruppo alla quale era destinata. Niente diffamazione e nemmeno ingiuria (depenalizzata).

Tale giudizio blocca così la consegna alla Germania di un cittadino tedesco, già condannato in patria per istigazione all’odio razziale; annullando così l’estradizione decisa in Corte d’Appello nell’ambito di un mandato di arresto europeo.

Secondo quanto deciso dalla Cassazione, nella situazione in cui la frase è stata pronunciata manca l’intento propagandistico; il che rende impossibile far rientrare il caso nell’art. 604-bis in tema di Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa.

Il semplice disprezzo non è propaganda

Il centro della questione è la presenza o meno di fini propagandistici. Questi ultimi, come si legge, sono presenti quando la divulgazione di un’opinione ha come scopo la creazione di adepti attraverso l’influenzamento dei comportamenti di un pubblico più o meno vasto. Le parole prese in esame, poi, non riguardano nemmeno argomentazioni legate a razza, etnia o religione dei soggetti, ma il loro comportamento. La valutazione del contesto, quindi, è di centrale importanza affinché scatti l’illecito.

In secondo luogo, il caso in questione non è nemmeno inquadrabile nella diffamazione in quanto i soggetti bersaglio erano sì presenti ma non individuabili.

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Redazione interna sito web giuridica.net

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