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Commento a sentenza: Tribunale di Latina, n. 419/2018

Nella sentenza n. 419/2018 del Tribunale di Latina l’attore propone opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione, che lo obbligava al pagamento di una determinata somma per aver omesso l’indicazione dei requisiti obbligatori per l’etichettatura, richiesta dalla normativa nazionale e comunitaria al fine della tracciabilità dei prodotti ittici venduti al dettaglio.
I motivi di doglianza sono precisamente due:

  • da un lato l’attore ritiene che vi sia stata un’erronea motivazione del decreto ingiuntivo, laddove esso sia stata previsto come destinatario dell’obbligo di pagamento, sebbene non fosse il legale rappresentante della società ma, semplicemente, un caporeparto;
  • dall’altro l’attore ritiene che i fatti non siano corrispondenti alle norme giuridiche assunte come violate.

Entrambi i motivi sono infondati.
Affrontando la prima questione, va evidenziato come a norma della legge 24 novembre 1981 n. 689 l’autore dell’illecito amministrativo possa essere soltanto la persona fisica che ha commesso il fatto e non anche un’entità astratta; la responsabilità delle società e delle persone giuridiche si configura solo con funzione di garanzia del pagamento della somma dovuta dall’autore della violazione, rispondendo, semmai e ulteriormente, alla finalità di sollecitare la vigilanza delle persone e degli enti chiamati a rispondere del fatto altrui.
Preso atto che l’attore era responsabile della qualità del reparto pescheria, era in re ipsa nelle sue funzioni la verifica della tracciabilità dei prodotti ittici venduti al dettaglio, al fine di garantire il rispetto dei requisiti obbligatori previsti dalla normativa comunitaria e da quella nazionale a tutela della corretta informazione del consumatore.
Nulla quaestio, quindi, sull’infondatezza di tale pretesa.
Focalizzandosi sulla seconda questione ,invece, è necessario soffermarci sulle informazioni obbligatorie nella vendita al dettaglio del pesce, poste in essere dal regolamento comunitario CE 2031/2001:

  1. la denominazione commerciale;
  2. il metodo della produzione;
  3. la zona di cattura.

Dai documenti probatori è stato accertato, nel caso di specie, che non solo non era stato possibile accertare la denominazione scientifica dei prodotti ittici, ma anche l’erronea denominazione della zona di cattura del pesce castagna; tutto ciò confrontando l’etichetta presente sulla merce con i dati indicati nella fattura di vendita.
Come si può facilmente evincere dalla sentenza n. 20025/2016 della Cassazione, il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento, nonché della provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni delle parti.
Alla luce di questa duplice infondatezza delle proprie pretese, all’attore non resta che accettare la sua soccombenza e pagare quanto dovuto.
 

dott. Michel Simion

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Michel Simion

Dottore in Giurisprudenza, Università degli Studi di Verona. Tesi in diritto costituzionale giapponese, appassionato di letteratura asiatica.

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