Sentenze

Corte Appello di Catania, Sentenza 20.05.2015

CORTE DI APPELLO DI CATANIA

SEZIONE FAMIGLIA

Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 18.7.2007 L. M. conveniva innanzi al Tribunale di Catania, sezione distaccata di Acireale, C. V., esponendo quanto segue: l’istante aveva acquistato dai coniugi V. Y. e S. C. l’immobile sito in (omissis…) con atto pubblico rogato dal notaio (omissis…) trascritto alla Conservatoria dei R.R.I.I. in data (omissis…); b) la convenuta, che occupava il suddetto immobile, in un primo tempo dava la propria disponibilità al rilascio in un termine breve ma poi non manteneva la promessa.

Ciò premesso, l’attrice chiedeva la condanna della convenuta al rilascio immediato dell’immobile perché detenuto illegittimamente e al risarcimento dei danni per il mancato godimento del bene a decorrere dall’11.7.2006.

C. V., costituitasi in giudizio, preliminarmente chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa i suoceri V. Y. e S. C., originari proprietari dell’immobile, ed il marito V. O.; nel merito, rigettare le domande attoree e, in subordine, dichiarare l’inefficacia, ex art. 2901 c.c., dell’atto di vendita stipulato l’11.7.2006 tra L. M. ed i coniugi V.- S., quantificare in € 36.000,00 o nella maggiore somma da accertare in corso di causa il danno subito per la vendita della casa e condannare il marito ed i suoceri al risarcimento dei danni morali e da stress riportati dall’istante e dalla figlia.

La convenuta sosteneva che l’immobile in oggetto le era stato assegnato in sede di separazione come casa coniugale, da abitare unitamente alla figlia minore, e che tale diritto era stato trascritto in data 13.7.2006, sia pure successivamente alla trascrizione dell’atto di vendita. Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale, in quanto avente data certa, è opponibile al terzo acquirente nei limiti dei nove anni, decorrenti dalla data della pronuncia, anche se non trascritto, se il diritto di proprietà è stato acquisito successivamente ad esso. Aggiungeva che i suoceri avevano messo in vendita l’appartamento al solo fine di sottrarle il diritto riconosciutole dal marito ed eludere il provvedimento del Tribunale, che aveva omologato la separazione consensuale; precisava che l’ex marito V. O. aveva confessato alla figlia “di aver venduto la casa coniugale, su consiglio dell’avv. (omissis…), alla madre dello stesso poiché aveva bisogno del denaro per acquistare un altro immobile dove andare ad abitare con la sua nuova compagna ed il figlio avuto dalla stessa”.

Costituitisi in giudizio i coniugi V. Y. e S. C. sostenevano di avere venduto l’immobile, non essendo a conoscenza degli accordi in sede di separazione presi dal figlio, e che la trascrizione del diritto di abitazione in favore della C. era successiva a quella della vendita.

V. O., costituitosi in giudizio, affermava di essersi allontanato dalla casa coniugale per dissapori andando ad abitare a Ca. e di non essere stato messo a conoscenza delle scelte dei genitori, con cui aveva avuto dei contrasti.

Con sentenza emessa il 9.12.2009 il Tribunale di Catania, sezione distaccata di Acireale, in accoglimento della domanda attorea, condannava C. V. a rilasciare l’immobile sito in (omissis…) entro e non oltre il 30.4.2010; dichiarava inammissibile la domanda proposta da C. V. nei confronti di V. Y. e S. C. e di V. O.; e compensava per intero fra le parti le spese del giudizio.

Il G.U. osservava che: a) la domanda attrice è fondata, atteso che l’atto di vendita in favore di L. M. è stato trascritto in data 13.7.2006 al n. 28022 mentre il relativo diritto di abitazione in favore della C. in data 13.7.2006 ma al n. 28125; b) il provvedimento di assegnazione della casa familiare, essendo stato trascritto successivamente all’atto di vendita, non è opponibile alla L. che, al momento dell’acquisto, confidava nella possibilità di disporre immediatamente dell’immobile; c) il permanere della C. nell’abitazione de qua costituisce occupazione senza titolo, sia per l’inopponibilità dell’assegnazione sia per l’assenza di alcun valido titolo giuridico; d) la domanda revocatoria dell’atto di vendita stipulato in data 11.7.2006 appare inammissibile, non avendo alcuna connessione con l’oggetto della causa.

Avverso la sentenza di primo grado C. V. ha proposto appello, con il quale chiede alla Corte di dichiarare il proprio diritto a permanere nell’immobile per cui è causa insieme alla figlia minore, così come stabilito nel D.O. del Tribunale di Catania n. 412/06 del 9.6.2006; in subordine, dichiarare, ai sensi dell’art. 6, comma 6, legge 898/1970 ed in conformità ai principi stabiliti dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 11096 del 26.7.2002, l’opponibilità a L. M. della preesistente assegnazione della casa coniugale per nove anni, decorrenti dalla data del provvedimento presidenziale. In via preliminare ha chiesto la sospensione della clausola esecutiva, che prevede il rilascio della casa per il 30.4.2010.

La sentenza è stata impugnata per i seguenti motivi:

1) il G.U. ha errato a ritenere che l’occupazione dell’immobile da parte della C. fosse senza titolo;

2) il G.U. ha errato nel non riconoscere l’opponibilità al terzo acquirente della preesistente assegnazione della casa coniugale, nel limite dei nove anni.

L’appellante ha sostenuto che: a) la L. era a conoscenza del diritto di abitazione gravante sull’immobile, come può evincersi dal fatto che il bene è stato acquistato senza essere visionato e ad un prezzo inferiore al suo valore di mercato; b) se al momento dell’acquisto fosse stata ignara del fatto che l’immobile era occupato, l’attrice avrebbe agito in giudizio anche nei confronti dei venditori; c) L. M. è la madre dell’avv. (omissis…) che è il legale dei venditori e del figlio V. O. e che svolge la sua attività professionale presso l’abitazione della madre, utilizzando la stessa linea telefonica; d) essendo evidente la mala fede dell’acquirente, andava riconosciuto il diritto della deducente a permanere nell’immobile, insieme alla figlia minore X, come stabilito nel D.O. del Tribunale di Catania n. 412/06 del 9.6.2006; e) ai sensi dell’art. 6. comma 6, legge n. 898/1970, applicabile in sede di separazione personale dei coniugi, il provvedimento di assegnazione della casa coniugale al coniuge affidatario della prole, avendo per definizione data certa, deve ritenersi applicabile, anche se non trascritto, al terzo acquirente dell’immobile, limitatamente al periodo di nove anni.

Costituitasi in questo grado L. M. ha chiesto il rigetto del gravame e proposto appello incidentale relativamente alle spese giudiziali di primo grado.

L’appellata ha affermato che: a) il contraddittorio non è integro, in quanto l’atto di appello non è stato notificato a tutte le parti del giudizio di primo grado; b) la pronuncia impugnata è fondata su prove documentali ed allegate in atti e, quindi, va confermata; c) l’acquisto che la deducente ha effettuato dai proprietari, quali soggetti diversi dai coniugi occupanti l’immobile, è avvenuto in buona fede ed è stato trascritto alla Conservatoria dei R.R.I.I. con nota del 13.7.2006; d) la normativa di cui all’art. 6, comma 6, legge n. 898/1970 può ipoteticamente ritenersi applicabile esclusivamente al coniuge è proprietario che abbia venduto l’immobile, nonostante un provvedimento presidenziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario della prole; e) la tesi dell’appellante, che ritiene possibile opporre ai proprietari dell’immobile, nella fattispecie diversi dai coniugi, e poi al terzo acquirente, ignaro degli accordi assunti inter partes in sede di separazione, il diritto di abitazione, appare inverosimile ed inammissibile.

Con ordinanza emessa il 16.10.2010 la Corte ha sospeso l’efficacia esecutiva della sentenza impugnata.

All’udienza del 20.11.2014 le parti sono state autorizzate alla ricostruzione del fascicolo di ufficio e dei propri fascicoli di primo grado, che non sono stati rinvenuti in cancelleria.

All’udienza del 12.2.2015 le parti hanno precisato le rispettive conclusioni, insistendo nelle richieste formulate con gli atti introduttivi, e la causa è stata posta in decisione con i termini di legge.
Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di mancata integrazione del contraddittorio sollevata dall’appellata.

L’eccezione è infondata.

Infatti, C. V. ha impugnato solo il capo della sentenza che l’ha condannata al rilascio dell’immobile e, quindi, l’unico contraddittore è L. M. (avendo rinunciato a riproporre le domande avanzate nei confronti di V. Y. e S. C. e di V. Orazio, dichiarate dal giudice di primo grado inammissibili).

Nel merito l’appello proposto da C. V. nei confronti di L. M. ed avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Catania, sezione distaccata di Acireale, il 9.12.2009 è parzialmente fondato e va accolto nei termini che seguono.

Invero, il provvedimento di assegnazione della casa familiare – secondo l’orientamento della Corte di legittimità – in quanto avente per definizione data certa è opponibile, anche se non trascritto, al terzo che abbia acquistato la casa in epoca successiva ad esso, nei limiti di nove anni dalla data dell’assegnazione e, se trascritto, anche oltre; b) il provvedimento di assegnazione opponibile, nei detti termini, al terzo acquirente dell’immobile non è soltanto la sentenza che definisce il giudizio di separazione o divorzio, ma anche quello provvisorio, pronunciato dal presidente del tribunale ai sensi dell’art. 708 c.p.c. e legge n. 898/1970, art. 4 comma 8, ed il decreto di omologazione della separazione consensuale; c) l’introduzione dell’art. 155-quater cod. civ., che prevede la trascrivibilità e l’opponibilità ai terzi ai sensi dell’art. 2643 cod. civ. del provvedimento di assegnazione e di revoca della casa coniugale, non fa venire meno la validità del suddetto orientamento giurisprudenziale, tenuto conto delle posizioni che era volto a tutelare.

L’appellata sostiene che detto orientamento non è applicabile nei casi in cui la casa oggetto del provvedimento di assegnazione non appartiene ad uno dei coniugi bensì a terzi, come nella fattispecie in esame.

L’assunto non è fondato.

Invero, l’esigenza di rispettare l’habitat familiare in cui vivono i figli minori allorché i genitori si separano ricorre anche nelle ipotesi in cui l’immobile adibito a casa coniugale è di proprietà di terzi, i quali dopo il provvedimento del giudice vendono il bene.

Nella fattispecie in esame l’immobile di proprietà di V. Y. e S. C. era stato concesso in comodato al figlio V. O. ed alla nuora C. V. per le esigenze abitative del nuovo nucleo familiare, che devono essere salvaguardate anche nel caso di trasferimento del diritto di proprietà del bene.

Sul punto la Corte di legittimità ha statuito che “quando un terzo abbia concesso in comodato un immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento è pronunciato nel giudizio di separazione o di divorzio è di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, non modifica né la natura né il contenuto del titolo di godimento sull’immobile, atteso che l’ordinamento non stabilisce una funzionalizzazione assoluta del diritto di proprietà del terzo a tutela di diritti che hanno radice nella solidarietà coniugale o postconiugale, con il conseguente ampliamento della posizione giuridica del coniuge assegnatario. Infatti, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa, idoneo ad escludere uno dei coniugi dalla utilizzazione in atto ed a concentrare il godimento del bene in favore della persona dell’assegnatario, resta regolato dalla disciplina del comodato negli stessi limiti che segnavano il godimento da parte della comunità domestica nella fase fisiologica della vita matrimoniale. Di conseguenza, il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell’art. 1809, secondo comma, c.c.” (v. Cass., sez. un., 21.7.2004 n. 13603; Cass., sez. I, 13.2.2007 n. 3179; Cass., sez. un., 29.9.2014 n. 20448).

Il provvedimento di assegnazione ad uno dei coniugi della casa familiare, di cui la coppia disponeva in forza di un rapporto di comodato, rende il diritto del coniuge assegnatario opponibile al terzo acquirente dell’immobile, il quale succede nella posizione di comodante, in deroga alla regola generale della inopponibilità del comodato ai terzi.

Ovviamente, il provvedimento di assegnazione della casa coniugale non fa sorgere un diritto reale di uso o di abitazione a favore dell’assegnatario, ma solo un diritto di natura personale, opponibile in quanto avente data certa ai terzi entro il novennio, ai sensi dell’art. 1599 c.c..

Sulla base delle argomentazioni sopra esposte va riconosciuto il diritto di C. V. a rimanere nell’immobile de quo, unitamente alla figlia minore con lei convivente, fino alla data del 9 giugno 2015.

Di conseguenza, in riforma della sentenza impugnata, la domanda di rilascio proposta da L. M. nei confronti di C. V. deve essere rigettata.

L’appello incidentale proposto dalla L. nei confronti della C. avverso il capo della sentenza, che ha compensato per intero fra le parti le spese del giudizio, è infondato e va rigettato.

Invero, il primo giudice ha correttamente compensato le spese, tenuto conto della natura del giudizio e delle questioni trattate.

In ogni caso, attesa la riconosciuta infondatezza della domanda attorea, le spese giudiziali non possono essere poste a carico della C..

Rimangono, poi, ferme le statuizioni che non sono state impugnate.

Avuto riguardo alla complessità delle questioni esaminate ed alle soluzioni non sempre univoche adottate dalla giurisprudenza, vi sono gravi motivi per compensare per intero fra le parti le spese giudiziali anche di questo grado.

PQM

La Corte, accogliendo l’appello proposto da C. V. nei confronti di L. M. ed avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Catania, sezione distaccata di Acireale, in data 9.12.2009, in riforma della pronuncia di primo grado, rigetta la domanda di rilascio avanzata dalla L. con citazione notificata il 18.7.2007; rigetta l’appello proposto in via incidentale da L. M. nei confronti di C. V.; e conferma nel resto.

Compensa per intero fra le parti le spese di questo grado del giudizio.

Così deciso in Catania, nella camera di consiglio del 14 maggio 2015.

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