Sentenze

Tribunale Ordinario di Verona, Sez. III Civ. – Sentenza n. 1458/2015 del 4.06.2015 (Dott.ssa Martello)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di VERONA
TERZA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Claudia Dal Martello ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di II Grado iscritta al n. r.g. 2803/2013 promossa da:

CONDOMINIO GIARDINO (C.F. ), in persona del legale rappresentantepro tempore, con il patrocinio dell’avv. L. B. V., con domicilio eletto presso il suo studio in VERONA

APPELLANTE

contro

E. B. (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. B. E. e dell’avv. F. S., con domicilio eletto presso il loro studio di Verona,

APPELLATO

CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale di udienza 5 marzo 2015, come segue:
per parte appellante: “come da atto di citazione d’appello”
per parte appellata: “come da comparsa di costituzione e risposta”
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Richiamato il contenuto del novellato art. 132 c.p.c., che esonera il giudice dal redigere lo svolgimento del processo;

richiamata adesivamente Cass. SS.UU. 16 gennaio 2015, n. 642, secondo la quale nel processo civile – ed in quello tributario, in virtù di quanto disposto dal secondo comma dell’art. 1 d.lgs. n. 546 del 1992 – non può ritenersi nulla la sentenza che esponga le ragioni della decisione limitandosi a riprodurre il contenuto di un atto di parte (ovvero di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari) eventualmente senza nulla aggiungere ad esso, sempre che in tal modo risultino comunque attribuibili al giudicante ed esposte in maniera chiara, univoca ed esaustiva, le ragioni sulle quali la decisione è fondata, dovendosi anche escludere che, alla stregua delle disposizioni contenute nel codice di rito civile e nella Costituzione, possa ritenersi sintomatico di un difetto di imparzialità del giudice il fatto che la motivazione di un provvedimento giurisdizionale sia, totalmente o parzialmente, costituita dalla copia dello scritto difensivo di una delle parti;

ritenuto di decidere allo stato degli atti (non risulta restituito il fascicolo di parte appellata, pure debitamente ritirato in occasione della precisazione delle conclusioni, come risulta dal verbale di udienza e dalla firma apposta “per ritiro fascicoli” sulla copertina del fascicolo: cfr. Cass. 10741/2015); ritenuto di non considerare ai fini della decisione il documento prodotto da parte appellata in uno con la comparsa conclusionale, rilevando come trattasi di documento comunque formatosi oltre le preclusioni di legge, quando già la causa era trattenuta in decisione, senza che controparte (che peraltro contesta l’ammissibilità del documento) abbia avuto modo di contraddire adeguatamente; si aggiunga, peraltro, che non rileva la formazione del documento sopravvenuta all’udienza di precisazione delle conclusioni: ben poteva il condomino pretendere la convocazione dell’assemblea (o provvedervi in via autonoma) e consentire, quindi, all’organo deliberativo di esprimersi tempestivamente sul punto (senza che, comunque, l’indicazione dell’assemblea possa ritenersi di per sé vincolante per il giudice); ritenuto di decidere secondo il principio della ragion liquida (assorbite le altre contestazioni);

OSSERVA

L’appello è fondato e va accolto nei limiti che si vanno a precisare.

Assorbente, rispetto ad ogni altro motivo di appello prospettato, è la considerazione che le specifiche delibere condominiali di approvazione dei bilanci consuntivo e preventivo, rispettivamente per l’anno 2008 e per l’anno 2009, non sono state oggetto di impugnazione.

Dalla lettura del fascicolo di primo grado – unitamente agli atti e documenti del fascicolo di II grado a disposizione – risulta quanto segue.

Il condominio odierno appellante conseguiva decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nei confronti dell’odierno appellato, avente ad oggetto il pagamento dell’importo ivi indicato a titolo di spese condominiali per gli anni 2008 e 2009 (oltre accessori).

Svolgeva opposizione a decreto ingiuntivo (e contestuale opposizione a precetto) l’attuale appellato. All’esito del giudizio di opposizione, il Giudice di Pace di Verona revocava il decreto ingiuntivo e dichiarava che il sig. B. E. “dovrà pagare la somma ricalcolata sulla base delle correzioni da effettuare relativamente a quanto espresso nell’elaborato peritale del geom. Dall’Occhio, e successivamente detrarla da quanto già versato in data 11.01.2011, la somma rimanente potrà essere trattenuta a compensazione per le future spese condominiali degli anni successivi…”. La sentenza era poi oggetto sul punto di rettifica.

Giova ricordare che per costante orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto, come peraltro evidenziato da parte appellante a pag. 3-4 dell’atto di appello, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento degli oneri condominiali, non è ammesso invocare la revoca del decreto sulla scorta dell’asserita invalidità della delibera assembleare. In questo senso, ad esempio, Cass. 15642/2012: “Va anzitutto rammentato – alla stregua dell’orientamento prevalente di questa Corte (Cass., sez. 2, 8 agosto 2000, n. 10427; Cass., sez. 2, 24 agosto 2005, n. 17206; Cass., sez. 2, 31 gennaio 2008, n. 2305; Cass., sez. 2, 20 luglio 2010, n. 17014; argomenti in tal senso anche da Cass., sez. un., 18 dicembre 2009, n. 26629 e, in motivazione, da Cass., sez. un., 27 febbraio 2007, n. 4421) – che l’amministratore del condominio può promuovere il procedimento monitorio per la riscossione degli oneri condominiali e l’eventuale opposizione da parte del condomino ingiunto potrà riguardare la sussistenza del debito e la documentazione posta a fondamento dell’ingiunzione, ovvero il verbale della delibera assembleare, ma non può estendersi alla nullità o annullabilità della delibera avente ad oggetto l’approvazione delle spese condominiali, che dovranno invece essere fatte valere in via separata con l’impugnazione di cui all’art. 1137 cod. civ., dal momento che l’attualità del debito non è subordinata alla validità della delibera, ma solo alla sua perdurante efficacia. A tal riguardo, si è precisato (dalla citata Cass., sez. un., 27 febbraio 2007, n. 4421) che il legislatore, “onde consentire il tempestivo adempimento del condizionante dovere di riscossione dei contributi condominiali, ha attribuito all’amministratore, con l’art. 63 disp. att. c.c., il potere di chiedere decreto ingiuntivo, al quale ha anche riconosciuto il carattere dell’immediata esecutività, nei confronti dei condomini morosi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea senza neppure necessità d’autorizzazione alcuna da parte del detto organo deliberante (ex pluribus, Cass. 9.12.05 n. 27292, 5.1.00 n. 29, 29.12.99 n. 14665, 15.5.98 n. 4900); correlativamente, nel riservare, con l’art. 1137 c.c., ad autonomo giudizio ogni controversia sull’invalidità delle deliberazioni assembleari, ha anche escluso che qualsivoglia questione al riguardo possa essere sollevata nell’ambito dell’eventuale opposizione al provvedimento monitorio, l’oggetto di tale giudizio rimanendo, in tal modo, circoscritto all’accertamento dell’idoneità formale (validità del verbale) e sostanziale (pertinenza della pretesa azionata alla deliberazione allegata) della documentazione posta a fondamento dell’ingiunzione e della persistenza o meno dell’obbligazione dedotta in giudizio (Cass. 8.8.00 n. 10427, 29.8. 1994 n. 7569)”. Sicché, non avrebbe potuto l’opponente proporre dinanzi al giudice di pace la domanda di accertamento incidentale con efficacia di giudicato della nullità delle delibere assembleari asseritamente connesse al decreto ingiuntivo opposto e il giudice adito ovvero il tribunale investito dell’impugnazione della sentenza di primo grado avrebbero dovuto dichiarare improponibile la domanda stessa, senza entrare nel merito della questione che essa poneva… (n.d.r. le sottolineature sono della scrivente)”.

Si riportano altresì gli stralci di motivazione delle pronunce delle Sezioni Unite menzionate sentenza di cui sopra. Cass. SS.UU. 26629/2009: “Nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate (n.d.r. la sottolineatura è della scrivente)”.

Un’ulteriore conferma si ricava dalle pronunce (Cass, 19983/2012) che, di contro, evidenziano come il giudice dell?opposizione a decreto ingiuntivo debba disporne la revoca, allorch? la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l’esecuzione sospesa dal giudice dell’impugnazione, ex art. 1137, secondo comma, cod. civ., o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorch? non passata in giudicato, annullato la deliberazione.

Ancor più esplicita la seguente pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. 4421/2007): “La sospensione necessaria del processo ex art. 295 cod. proc. civ., nell’ipotesi di giudizio promosso per il riconoscimento di diritti derivanti da titolo, ricorre quando in un diverso giudizio tra le stesse parti si controverta dell’inesistenza o della nullità assoluta del titolo stesso, poiché al giudicato d’accertamento della nullità – la quale impedisce all’atto di produrre “ab origine” qualunque effetto, sia pure interinale – si potrebbe contrapporre un distinto giudicato, di accoglimento della pretesa basata su quel medesimo titolo, contrastante con il primo. Detto principio di inesecutività del titolo impugnato a seguito di allegazione della sua originaria invalidità assoluta è derogato, nella disciplina del condominio, da un sistema normativo che mira all’immediata esecutività del titolo, pur in pendenza di controversia, a tutela di interessi generali ritenuti prevalenti e meritevoli d’autonoma considerazione, sicché il giudice non ha il potere di disporre la sospensione della causa di opposizione a decreto ingiuntivo, ottenuto ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ., in relazione alla pendenza del giudizio in cui sia stata impugnata la relativa delibera condominiale, restando riservato al giudice dell’impugnazione il potere di sospendere ex art. 1137 comma secondo cod. civ. l’esecuzione della delibera.

Non osta a tale disciplina derogatoria il possibile contrasto di giudicati in caso di rigetto dell’opposizione all’ingiunzione e di accoglimento dell’impugnativa della delibera, poiché le conseguenze possono essere superate in sede esecutiva, facendo valere la sopravvenuta inefficacia del provvedimento monitorio, ovvero in sede ordinaria mediante azione di ripetizione dell’indebito (n.d.r. la sottolineatura è della scrivente).

A fronte di tali principi e posto che parte appellata non ha impugnato le delibere de quibus, non è rilevante l’asserzione di parte appellata secondo cui, nel caso di specie, non troverebbe applicazione il termine decadenziale ex art. 1137 c.c., per essere le suddette delibere nulle e non semplicemente annullabili. A prescindere dalla considerazione che non si condivide tale qualifica (né la giurisprudenza di legittimità menzionata sul punto – Cass. 15010/2000; Cass. 4806/2005 – consente di qualificare il vizio lamentato quale causa di nullità), ciò che conta è che l’efficacia delle delibere perdura e che non sono risultati sussistere altri vizi del decreto ingiuntivo, che ne giustifichino la revoca. Tanto meno è rilevante quanto asserito da parte appellata, ossia di non avere impugnato le delibere in questione perché intendeva chiarire il tutto in via bonaria.

Tali considerazioni sono sufficienti a far ritenere fondato l’appello quanto agli importi dovuti dall’appellato, con assorbimento degli altri motivi.

In riforma della sentenza appellata va riconosciuto che il decreto ingiuntivo è stato emesso in ossequio ai presupposti di legge e per l’importo dovuto secondo quanto sopra esposto. Tuttavia non è possibile procedere alla conferma del decreto medesimo, come invece chiesto da parte appellante. Infatti, parte appellata dà conto dell’immediato pagamento dell’importo precettato (ed oggetto del decreto ingiuntivo). Tale circostanza è riportata anche nella sentenza del giudice di prime cure e non vi sono allegazioni in senso contrario da parte appellante né allegazione di sopravvenute restituzioni. In questo senso la giurisprudenza di legittimità è univoca (per tutte Cass. 15026 del 15/07/2005; in senso conforme Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21840 del 24/09/2013): “Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all’accertamento, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza – e non a quello anteriore della domanda o dell’emissione del provvedimento opposto dei fatti costitutivi del diritto in contestazione, il giudice, qualora riconosca fondata, anche solo parzialmente e per fatti sopravvenuti, una eccezione di pagamento formulata dall’opponente deve comunque revocare ” in toto” il decreto opposto, pronunciando condanna al pagamento della somma effettivamente dovuta”.

Ne consegue, quindi, la revoca del decreto ingiuntivo opposto per sopravvenuto pagamento e l’annullamento del capo di sentenza appellato che così recita: il sig. Bombieri Elio “dovrà pagare la somma ricalcolata sulla base delle correzioni da effettuare relativamente a quanto espresso nell’elaborato peritale del geom. Dall’Occhio, e successivamente detrarla da quanto già versato in data 11.01.2011, la somma rimanente potrà essere trattenuta a compensazione per le future spese condominiali degli anni successivi….”, nonché il capo relativo alle spese di lite e di CTU.

Quanto alle spese di lite, esse vengono regolamentate – tanto in relazione al giudizio di I grado che all’attuale giudizio di appello -, rispettivamente, in base ai parametri 2012 in vigore all’epoca della pronuncia del giudice di prime cure (con riguardo, in particolare, all’ultimo atto da identificarsi nel provvedimento di rettifica) ed in base ai parametri attuali per quanto riguarda il giudizio di appello (considerate le sole attività di studio, introduzione e di decisione), tenuto conto del valore della controversia e della soccombenza, che va prevalentemente ravvisata in capo a parte appellata.

Le spese di CTU, a suo tempo già liquidate dal giudice di primo grado, vanno poste definitivamente a carico di parte appellata.

P.Q.M.

Il Tribunale di Verona, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

– In accoglimento parziale dell’appello proposto dal Condominio Giardino ed in riforma della Sentenza emessa dal Giudice di Pace di Verona il 13 luglio 2012, n. 2886/2012 Sent., n. 3400/11 R.g., n. 12141/12 Cont., come rettificata con successivo provvedimento 30.11.12;

– Accertato che il decreto ingiuntivo suddetto è stato emesso in ossequio ai presupposti di legge e per l’importo dovuto, revoca il suddetto decreto ingiuntivo opposto per sopravvenuto pagamento dei relativi importi;

– Annulla i restanti capi della sentenza impugnata;

– Condanna l’appellato B. E. a rifondere al CONDOMINIO GIARDINO le spese di lite che così si liquidano:
– In ordine al primo grado di giudizio, euro 1.150,00 a titolo di compenso, oltre IVA e CPA come per legge;
– In ordine al giudizio di secondo grado, euro 440,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%, oltre IVA e CPA come per legge;
– Spese di CTU, liquidate dal giudice di prime cure, definitivamente a carico dell’appellato B. E.
Così deciso in Verona, il 3 giugno 2015

Il Giudice

dott.ssa Claudia Dal Martello

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